Emirati Arabi. Il Papa accolto ad Abu Dhabi nel segno della speranza
«Noi siamo le persone più felici del mondo perché lei è qui». Appena atterrato ad Abu Dhabi lo sceicco Mohammed bin Zyed Al Nahyan ha salutato così l’arrivo di papa Francesco nella piccola isola del Golfo Persico unita da un ponte alla terraferma. Un’accoglienza senza discorsi ufficiali, fatta di strette di mano e di fraterna ospitalità quella che il principe ereditario ha riservato al Papa per la sua prima volta in terra d’Arabia. Insieme a Francesco ha attraversato la guardia d’onore nel salone fino all’abbraccio con il Grande Imam di al-Azhar al-Tayyib, l’«amico e fratello» che, al suo quinto incontro con Francesco, in questi giorni sarà sempre al suoi fianco.
Fuori le luci dei grattacieli e degli hotel da mille e una notte che costellano il silenzio notturno della spiaggia dicono la cifra della florida economia di questo Paese che mira a consolidare un ruolo strategico nell’abito della regione. Per la Santa Sede, gli Emirati Arabi sono ponte importante fra Occidente e Oriente e fra tradizioni religiose diverse, come ha insistito il segretario di Stato Pietro Parolin, commentando all’arrivo: «Pensa agli aeroporti… Normalmente, per andare ad Est devi attraversare un aeroporto negli Emirati Arabi Uniti. È un ponte con l’Occidente, ed è una terra che si caratterizza come una terra multiculturale, multietnica e multi-religiosa. In questa realtà, la presenza oggi del Papa è come lui stesso ha detto nel video messaggio che ha diretto in occasione del viaggio – ha ribadito il Segretario di Stato – quello di scrivere una nuova pagina nella storia delle relazioni tra le religioni, confermando in particolare il concetto di fraternità. Questa è l’aspettativa e la speranza». Quella stessa del Papa che durante il volo, avendo avuto la notizia che pioveva ad Abu Dhabi, ha commentato con i giornalisti: «Si crede sia un segno di benedizione. Speriamo che vada tutto bene». Accompagnato da una rara «pioggia gentile», dopo un giorno di tempo incerto che ha aumentato le aspettative, la visita è sulla prima pagina di tutti i quotidiani degli Emirati. «Scriviamo una pagina di dialogo insieme» ha titolato il Gulf News descrivendo come il Papa compia i suoi primi passi nella Penisola arabica con un messaggio di pace. «Fai di me un canale di pace» ha messo in prima Il «Khaleey Times» riprendendo il motto francescano della storica visita. Pertanto, sarà un messaggio per tutti i leader delle religioni e per tutti i membri delle religioni impegnarsi in un modo comune per costruire l'unità, la pace e l'armonia nel mondo.
Nella sua prima giornata pubblica, che è cominciata con la cerimonia di benvenuto all’ingresso principale del palazzo presidenziale, seguita venti minuti dopo dalla visita ufficiale al principe ereditario, Francesco si è diretto alla grande moschea dello sceicco Zayed, una delle più grandi e sfavillanti del mondo musulmano, che può ospitare 40mila persone per il momento dell’incontro in forma privata con i membri del “Muslim Council of Elders”. Attraversata la moschea con il Grande Imam, Francesco ha reso omaggio alla tomba del fondatore degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Zayed. Ad accogliere il Papa tre ministri: degli Affari esteri, della tolleranza e della cultura, figura recentemente istituita dal governo, all’interno dell’Anno della Tolleranza, promosso per il 2019 nel quale si colloca l’incontro interreligioso sulla fratellanza umana».
La volontà è di provare a mettere all'angolo i fondamentalismi, di promuovere il valore unificante delle religioni pur nelle loro diversità, di aiutare quanti vogliono liberare l'Islam dalle connotazioni violente è quanto viene rimarcato dalla Chiesa: «Che questa visita sia un passo importante nel dialogo tra musulmani e cristiani e contribuisca alla comprensione reciproca e alla pacificazione nella regione del Medio Oriente» dice infatti
Paul Hinder, vicario apostolico dell'Arabia Meridionale.
Insieme, dopo l’omaggio allo sceicco fondatore della patria, il Papa e il Grande Imam si recheranno al Founder’s Memorial, luogo dell’incontro interreligioso a cui parteciperanno circa 700 invitati, di diverse confessioni. È il momento atteso e centrale di un «viaggio che vuole fronteggiare le tendenze egoistiche e fondamentaliste con tutte le sue cieche manifestazioni e dimostrare – come mette in rilievo il The National – che l’incontro con l’islam tollerante permette di non tornare più indietro e che il mondo è un posto più sicuro se ci si affida al dialogo interreligioso».