All'Angelus. Francesco: dobbiamo educare alla pace
Il Papa all'Angelus
Bisogna «educare alla pace. La guerra è in sé stessa crimine contro l’umanità». Dure, chiare e perentorie le parole pronunciate dal Papa all’Angelus in piazza San Pietro. Un invito che il Pontefice ha rilanciato facendo riferimento ancora una volta «a quanti soffrono la crudeltà dei conflitti in tante parti del mondo, specialmente in Ucraina, in Palestina e in Israele». In particolare, guardando al Medio Oriente, Francesco ha richiamato la testimonianza di padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme e al suo inascoltato invito all’impegno per la formazione alla riconciliazione e al superamento della logica delle armi.
In precedenza, commentando il Vangelo del giorno, cioè l’incontro di Gesù con i primi due discepoli, Francesco aveva riassunto in tre parole, per la precisione tre verbi, l’impegno di essere autentici discepoli di Cristo. E cioè: cercare il Signore, dimorare con lui, annunciarlo.
Il Papa all'Angelus - Vatican media
Gesù – ha aggiunto Francesco - «non vuole fare proseliti, non vuole “followers” superficiali, il Signore vuole persone che si interrogano e si lasciano interpellare dalla sua Parola. Pertanto, per essere discepoli di Gesù bisogna prima di tutto cercarlo, avere un cuore aperto, in ricerca, non un cuore sazio o appagato». E questo cercare, si traduce nella storia dei primi discepoli, così come per i credenti di oggi, nell’esigenza di dimorare con Gesù, perché «la fede non è una teoria, no, è un incontro –, è andare a vedere dove abita il Signore e dimorare con Lui. Incontrare il Signore e dimorare con Lui». Infine, la terza dimensione del rapporto con Cristo, l’annunciare. «Quel primo incontro con Gesù fu un’esperienza talmente forte – ha sottolineato il Pontefice - che i due discepoli ne ricordarono per sempre l’ora: “erano circa le quattro del pomeriggio”. Questo fa vedere la forza di quell’incontro. E i loro cuori erano così pieni di gioia che sentirono subito il bisogno di comunicare il dono ricevuto. Infatti, uno dei due, Andrea, si affretta a condividerlo con suo fratello Pietro, e lo porta al Signore».
Di qui l’invito, rivolto a tutti i credenti, di fare memoria del primo incontro con il Signore, per domandarci se «siamo ancora discepoli innamorati del Signore, cerchiamo il Signore, oppure ci siamo accomodati in una fede fatta di abitudini».