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In viaggio con il Papa. Giacarta si spegne, e la nuova capitale spaventa gli ecologisti

Mimmo Muolo, inviato a Giacarta mercoledì 4 settembre 2024

Squadre al lavoro nella nuova capitale indonesia Nusantara

Giacarta ha i mesi, anzi, gli anni contati. Niente di apocalittico, per carità. Parliamo solo di Giacarta come capitale dell’Indonesia. Ma il caso è interessante sotto diversi punti di vista. Il governo ha infatti deciso di costruirne una nuova di sana pianta nel Borneo, l’isola più grande dell’arcipelago che costituisce il territorio di questa popolosa nazione. Fin qui nulla di strano. Di “città di fondazione” (come si chiamano quelle nate sulla base di una precisa volontà politica e di un progetto urbanistico) ce ne sono tante. In Italia basti pensare a Latina, Palmanova o Pienza.


Per le capitali, poi, sono celebri gli esempi di Brasilia e di Astana, in Kazakistan. Il problema, nel caso della nuova capitale indonesiana, che dovrebbe essere pronta nel 2045 per festeggiare i cento anni dell’indipendenza, è dato dalle motivazioni dello spostamento e dai danni collaterali che potrebbe causare. Questioni non da poco. Giacarta, che si trova sull’isola di Giava, sta infatti sprofondando per un fenomeno chiamato subsidenza, dovuto all’eccessivo prelievo di acqua dal sottosuolo. Ciò crea problemi soprattutto nella zona del porto antico e negli slums che lo circondano.


Quartieri molto poveri e dalla fisionomia ben diversa dallo skyline caratterizzato da grattacieli di vetro e cemento del resto della megalopoli. Nella stagione delle piogge finiscono regolarmente sott’acqua. Di qui la decisione, maturata nel 2019, di spostare altrove la capitale. Ma la soluzione, sostengono gli ambientalisti, è come una pezza peggiore del buco, dato che nel Borneo c’è una delle foreste pluviali più importanti al mondo e che la costruzione di una nuova città potrebbe creare danni gravi all’ecosistema. Papa Francesco, si sa, a questi temi è sensibile.

Lo dimostrano il Sinodo sulla Amazzonia e il suo magistero in materia ambientale, compresi gli interventi di qualche anno fa, proprio sulla difesa delle foreste pluviali, durante un viaggio in Africa. Il tema della salvaguardia del creato, del resto, è al cuore di questo viaggio. E ieri se ne è avuto un saggio. «La terra è di dono di Dio», ha ricordato il Pontefice. L’uomo deve custodirla. E questa, insieme all’innalzamento dei mari e ai danni alle foreste, è la vera questione di capitale importanza, se non vogliamo ritrovarci tutti con gli anni.