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In aereo. Papa Francesco: «Il documento sulla fratellanza? Nello spirito del Concilio»

Stefania Falasca, inviata sul volo papale martedì 5 febbraio 2019

Ansa

«È stato un viaggio troppo breve, ma per me un’esperienza grande». Rispondendo alle domande dei giornalisti sul volo di ritorno da Abu Dhabi, Francesco è entrato nei temi della sua visita negli Emirati: dalla preparazione del documento sulla fratellanza, nato «dalla fede in Dio che è Padre di tutti e Padre della pace» e «fatto nello spirito del Vaticano II» alla condanna del terrorismo e alla ricerca della pace per lo Yemen. Ma è stato chiamato a rispondere anche degli abusi sulle religiose e sulla crisi del Venezuela.



Quali saranno i risultati prossimi di questo viaggio e quali sono le sue impressioni sugli Emirati Arabi Uniti?
Ho visto un paese moderno, accogliente, fatto di tanti popoli che vengono qui. Ma anche un paese che guarda al futuro. Prendo ad esempio l’educazione dei bambini, li educano guardando al futuro, sempre. Mi ha colpito la città, anche la pulizia della città… anche il problema dell’acqua. Per il prossimo futuro cercano di prendere l’acqua del mare e renderla potabile, e quando un giorno mancherà il petrolio: “Ci stiamo preparando” hanno risposto. Poi mi è sembrato un paese aperto, non chiuso. Anche per quanto riguarda la religione. È un islamismo aperto, di dialogo, fraterno e di pace. Sono stato colpito pure dal convegno interreligioso, è un fatto culturale forte. Sicuramente ci saranno dei problemi, forse negativi, ma in un viaggio di meno di tre giorni queste cose non si vedono.

Il viaggio è stato segnato dalla firma del documento sulla fraternità. Come sarà applicato in futuro?
Il documento è stato preparato con grande riflessione e anche pregando. Sia da parte del Grande Imam con la sua equipe sia da me con la mia. Abbiamo pregato tanto per riuscire a fare questo documento, perché per me c’è un solo grande pericolo grande in questo momento: la distruzione, la guerra, l’odio tra noi. E se noi credenti non siamo capaci di darci la mano, abbracciarci e anche pregare nella nostra fede, sarà una sconfitta. Questo documento nasce dalla fede in Dio che è Padre di tutti e Padre della pace. E condanna ogni distruzione, ogni terrorismo. Il primo terrorismo della storia è quello di Caino. È un documento che si è sviluppato quindi quasi in un anno: andata e ritorno, preghiere. Per maturare, per non partorire il bambino prima del tempo.

Mi è rimasta in mente l’immagine del suo arrivo nel Paese. È stato accolto con gli onori militari, con aerei militari che hanno disegnato i colori vaticani nel cielo. Mi chiedo: cosa c'entra questo con il Papa che viene con un messaggio di pace? Si stanno facendo dei passi verso la pace nello Yemen?
Io interpreto sempre tutti i gesti di benvenuto come gesti di buona volontà, che ognuno fa secondo le proprie culture. Cosa ho trovato qui? Una accoglienza così grande che volevano fare di tutto… piccole e grandi cose, perché sentivano che la visita del Papa era qualcosa di buono. Qualcuno ha detto anche una benedizione… Dio lo sa… e loro volevano farmi sentire che ero benvenuto. Sul problema delle guerre, lei ne ha menzionato una. È difficile dare un’opinione dopo due giorni e aver parlato sull’argomento con poche persone. Ma riguardo allo Yemen ho trovato buona volontà per avviare processi di pace.

Dopo la firma storica del documento quali potranno essere secondo lei le conseguenze nel mondo islamico? E quali le conseguenze anche tra i cattolici, considerato che c’è una parte di cattolici che accusa lei di farsi strumentalizzare dai musulmani…
Ma non solo dai musulmani…mi accusano di farmi strumentalizzare da tutti, anche dai giornalisti. È parte del lavoro, ma una cosa voglio dirla. Dal punto di vista cattolico il documento non si è schiodato di un millimetro dal Vaticano II, è anche citato più volte nel testo. Il documento è stato fatto nello spirito del Vaticano II. Ho voluto, prima di prendere la decisione, farlo leggere da qualche teologo e anche ufficialmente dal teologo della casa pontificia che è un domenicano, con la bella tradizione dei domenicani, non di andare alla caccia delle streghe, ma di vedere la cosa giusta… e lui ha approvato. Se uno si sente male, io lo capisco, non è una cosa di tutti giorni… ma è un passo avanti. Un passo in avanti che viene da cinquant’anni, viene dal Concilio e deve svilupparsi. Gli storici dicono che affinché un Concilio abbia radici nella Chiesa ci vogliono cento anni, siamo a metà strada. Anche nel mondo islamico ci sono diversi pareri, ci sono alcuni più radicali altri no. Ieri nel consiglio dei saggi c’era uno sciita, ha dato una universalità molto grande, ha parlato bene. Ci saranno anche tra loro delle discrepanze ma è un processo e i processi maturano.

Si è appena conclusa la visita negli Emirati Arabi e fra pochissimo lei andrà in Marocco. Ci sembra di capire che ha scelto di parlare con interlocutori ben precisi dell’Islam. È una scelta di campo? Il documento firmato ieri è molto ambizioso per l’educazione, secondo lei può davvero toccare i fedeli musulmani?
Va studiato nelle università. In quella di Al-Azhar di sicuro, e nelle scuole. Non imposto, ma studiato. La vicinanza dei due viaggi è un po’ un caso perché volevo andare a Marrakech – alla Conferenza dell’Onu sulle migrazioni, ndr – ma secondo il protocollo non potevo andare a un incontro internazionale senza fare prima una visita al Paese e non avevo tempo. Per questo abbiamo rimandato la visita e a Marrakech ed è andato prima il Segretario di Stato. In Marocco seguo le tracce di san Giovanni Paolo II, che è stato il primo a visitarlo. Sarà un viaggio gradevole. Sono arrivati poi altri inviti da Paesi islamici, ma non c’è tempo quest’anno.

Cosa ci può raccontare dell’incontro e dei temi che ha toccato con il Consiglio degli anziani. Lei torna con l’impressione che il messaggio sia arrivato ai suoi interlocutori?
Gli anziani davvero sono saggi. Nell’incontro parlato per primo il Grande Imam. Poi ognuno di loro, cominciando dal più anziano, un ottantenne che parlava lo spagnolo, fino al più giovane, che è il segretario del Consiglio. Ha parlato poco, ma ha detto tutto in un video. Mi è piaciuto è stata una cosa bellissima. La parola chiave è “saggezza”. Poi “fedeltà”. Hanno sottolineato così un cammino di vita nel quale la saggezza cresce e la fedeltà si fa forte. E da lì nasce l’amicizia tra i popoli e di come saggezza e fedeltà siano importanti per la costruzione della pace. Perché la pace è un’opera della saggezza e della fedeltà. Sono rimasto con l’impressione di essere in mezzo a veri saggi. È una garanzia per il Grande Imam avere questo consiglio.

L’Imam al-Thayebb ha denunciato l’islamofobia. Perché non si è sentita una parola sulla cristianofobia, sulla persecuzione dei cristiani?
Della persecuzione dei cristiani parlo continuamente. Ma anche nel documento si fa riferimento a questo quando si condanna la violenza di alcuni gruppi che si dicono islamici. I saggi dicono che non è l’islamismo. Ricordo un papà con tre bambini, piangeva: “Sono islamico, mia moglie era cristiana, sono venuti i terroristi dell’Isis, hanno visto la croce e le hanno detto: convertiti e davanti a me l’hanno sgozzata”. Questo è dei gruppi terroristici, la distruzione della persona. Il documento lo condanna.

La rivista femminile dell’«Osservatore Romano» ha pubblicato un articolo denunciando l’abuso sessuale delle donne consacrate nella Chiesa da parte del clero. Qualche mese fa anche L’Unione delle Superiore generali ha fatto una denuncia pubblica. Sappiamo che la prossima riunione in Vaticano sarà sull’abuso sui minori, ma possiamo pensare che la Santa Sede possa fare qualcosa per affrontare anche questo problema con un documento o delle linee guida?
È vero, è un problema. Il maltrattamento delle donne è un problema. Oserei dire che l’umanità ancora non ha maturato: la donna è considerata di “seconda classe”. Cominciamo da qui: è un problema culturale. Poi si arriva fino ai femminicidi. Ci sono dei Paesi in cui il maltrattamento delle donne arriva al femminicidio. È vero, dentro la Chiesa ci sono stati dei chierici che hanno fatto questo. In alcune civilizzazioni in modo più forte che in altri. Ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che hanno fatto questo. E credo che si faccia ancora: non è che dal momento in cui tu te ne accorgi, finisce. La cosa va avanti così. È da tempo che stiamo lavorando. Abbiamo sospeso e mandato qualche chierico. Sciolto qualche congregazione religiosa femminile che era molto legata al fenomeno, una corruzione. Si deve fare qualcosa di più? Sì. Abbiamo la volontà? Sì. Ma è un cammino che viene da lontano. Papa Benedetto ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione femminile che era entrata dentro questa schiavitù, anche persino sessuale, da parte dei chierici o da parte del fondatore. Vorrei sottolineare che Benedetto XVI ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo tema. Il folklore lo fa vedere come debole, ma di debole non ha niente. È un uomo buono, ma è un uomo forte. Su questo problema: preghi che possiamo andare avanti. Ci sono dei casi, stiamo lavorando. Io voglio andare avanti.

In Venezuela Maduro ha inviato a lei una lettera chiedendo aiuto per il dialogo. C’è disponibilità della Santa Sede per una possibile mediazione?
Ci sono piccoli passi, l’ultimo è una mediazione, sono piccoli passi iniziali. Non solo dal Vaticano, tutta la diplomazia, nella vicinanza all’uno all’altro per avviare possibilità di dialogo, come si fa nella diplomazia. Prima del viaggio sapevo che arrivava con il plico diplomatico una lettera di Maduro. La lettera non l’ho ancora letta. Vedremo. Perché per fare un ultimo passo, una mediazione, ci vuole la volontà di ambedue le parti. Se saranno entrambe le parti a chiederlo siamo sempre disposti. È una condizione che devono pensare prima di chiedere una facilitazione o una mediazione. Ambedue le parti sempre.