Kazakistan. Il Papa: "Solo servendo la pace si resta nella storia"
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Condannati senza “se” e senza “ma”. Solo «il dialogo è la via necessaria e senza ritorno». La Dichiarazione finale del settimo Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali nella capitale kazaka è arrivata al punto cruciale sottoscritto a maggioranza dagli ottantuno rappresentanti: la condanna di ogni estremismo, radicalismo, terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione od obiettivo si pongano, perché «non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili».
Il Congresso dei capi delle fedi nella “Terra de cosacchi”, al quale per la prima volta ha partecipato un Pontefice, ha segnato così una tappa importante come ha detto papa Francesco stesso nel suo discorso di chiusura del Congresso al Palazzo dell’Indipendenza di Nur-Sultan: «Il Kazakhstan, nel cuore del grande e decisivo continente asiatico, è stato il luogo naturale per incontrarci. La sua bandiera ci ha rammentato la necessità di custodire un sano rapporto tra politica e religione». E certamente è simbolicamente importante che in questo Paese dell’Asia centrale, ai confini della Russia lungo l’antica via della seta che collegava la Cina al Medio Oriente e al Mediterraneo – storicamente abitato da popoli nomadi e oggi multietnico e multiculturale che con le sue oltre cento diverse etnie induce a vivere la differenza non come una minaccia, ma come un arricchimento e dove si svolge da vent’anni il Congresso interreligioso – possa essere il luogo dove tirare le file di un’ epoca dall’attentato alle Torri Gemelle del 2001. «Dopo quanto accaduto l’11 settembre 2001, era necessario reagire, e reagire insieme, al clima incendiario a cui la violenza terroristica voleva incitare e che rischiava di fare della religione un fattore di conflitto» ha affermato il Papa nel suo discorso.
Nella dichiarazione congiunta, passata a maggioranza e articolata in 35 punti, si riconosce «l’importanza di affrontare le sfide attuali nel mondo post-pandemia a cominciare dal cambiamento climatico e «rendendosi conto dell’urgente necessità per i leader spirituali e politici di lavorare insieme per affrontare le sfide del nostro mondo» e dichiara che il Congresso dei leader e delle religioni mondiali «svolge un ruolo importante per rafforzare il dialogo in nome della pace e della cooperazione». Nel suo discorso, che ha letto nella grande sala circolare dopo aver firmato la Dichiarazione congiunta, il Papa ha voluto ribadire qual è l’ottica della Chiesa per comprendere l’importanza di perseguire questa strada.
E lo ha fatto citando la Dichiarazione conciliare Nostra aetate: «La Chiesa cattolica, che non si stanca di annunciare la dignità inviolabile di ogni persona, creata “a immagine di Dio”, crede anche nell’unità della famiglia umana. Crede che «tutti i popoli costituiscono una sola comunità, hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra». Per questo, sin dagli inizi di questo Congresso, la Santa Sede, specialmente attraverso il Dicastero per il Dialogo Interreligioso, vi ha partecipato attivamente.
E vuole continuare così, avendo ben chiaro sulla base della dottrina sociale e della strada maestra del Concilio Vaticano II che «la via del dialogo interreligioso è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno. Il dialogo interreligioso non è più solo un’opportunità, è un servizio urgente e insostituibile all’umanità, a lode e gloria del Creatore di tutti». Citando ancora il documento conciliare della Gaudium et spes ricorda poi che «l’uomo “senza il Creatore svanisce” e senza gli altri non sussiste! Si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti… E noi leviamo la voce per gridare che la persona umana non si riduce a ciò che produce e guadagna; che va accolta e mai scartata». Per tutti gli esseri umani le grandi religioni sono quindi «chiamate a testimoniare l’esistenza di un patrimonio spirituale e morale comune, che si fonda su due cardini: la trascendenza e la fratellanza». Una è la forza nascosta che fa andare avanti il mondo e l’altra è la prossimità: «Perché non può professare vera adesione al Creatore chi non ama le sue creature».
. - Reuters
E questo è per papa Francesco «l’animo che pervade la Dichiarazione del nostro Congresso», del quale, in conclusione, sottolineare tre parole. La prima è pace. Come opera di giustizia. Scaturisce dalla fraternità, cresce attraverso la lotta all’ingiustizia e alle disuguaglianze, si costruisce tendendo la mano agli altri. «Noi, che crediamo nel Creatore di tutti, dobbiamo essere in prima linea nel diffondere la convivenza pacifica – ha affermato il Papa – La dobbiamo testimoniare, predicare, implorare». Perciò la Dichiarazione al punto 7 esorta i leader mondiali ad arrestare ovunque conflitti e spargimenti di sangue, e ad abbandonare retoriche aggressive e distruttive: «Vi preghiamo, in nome di Dio e per il bene dell’umanità: impegnatevi per la pace, non per gli armamenti! Solo servendo la pace il vostro nome rimarrà grande nella storia».
La seconda parola è donna. E qui si apre un mondo. Al Congresso sedevano solo sei donne. È considerata brevemente e genericamente nel punto 23 della Dichiarazione ma il Papa lo riprende perché «la donna dà cura e vita al mondo: è via verso la pace e alle donne vanno anche affidati ruoli e responsabilità maggiori»: «Quante scelte di morte – afferma – sarebbero evitate se proprio le donne fossero al centro delle decisioni! Impegniamoci perché siano più rispettate, riconosciute e coinvolte».
Terza parola giovani. Sono loro per il Papa «i messaggeri di pace e di unità di oggi e di domani» e che, più di altri, invocano la pace e il rispetto per la casa comune del creato. Invece, le logiche di dominio e di sfruttamento, l’accaparramento delle risorse, i nazionalismi, le guerre e le zone di influenza disegnano un mondo vecchio, chiuso che i giovani rifiutano. Rivolgendosi all’assemblea dei leader delle religioni ha infine detto che solo «camminando insieme in terra come figli del cielo», si può essere «tessitori di speranza e artigiani di concordia», «messaggeri di pace e di unità».