Il direttore risponde. Voto, né pasticci né retromarce
Caro direttore,
la disputa in atto tra chi non vuole più il "Porcellum" e chi preferirebbe tornare al "Mattarellum" non credo appassioni molto. A mia avviso i due sistemi elettorali emarginavano, comunque, il cittadino elettore. Si dice che con il sistema ancora vigente i parlamentari siano "nominati" dal Partito o dal deus ex machina . È vero. In più si verifica la lotta, o l’ulteriore imposizione, nel piazzare Tizio o Caio in posizione eleggibile o no. Al povero elettore rimane solo di mettere una croce a fianco di quell’elenco con la speranza che il suo beniamino, ammesso che nell’elenco ce ne sia uno di suo gradimento, sia tra coloro che risulteranno eletti. Per non parlare, anche, dello scandalo del premio di maggioranza. Ma, caro direttore, con il "Mattarellum" per chi avrei dovuto votare? Per qualcuno che, sempre il Partito o sempre il deus decidevano di catapultare nel mio collegio.
Ricorda i famosi "collegi sicuri" dove si piazzavano gli amici o gli amici degli amici? Così non pochi parlamentari venivano, di fatto, "nominati", o meglio imposti, proprio come succede con il "Porcellum". E io sarei stato costretto a mettere, comunque, una croce sul nome di qualcuno che qualcun altro aveva deciso di far diventare deputato o senatore.
Ho usato le espressioni "avrei dovuto votare" e "sarei stato costretto" perché in tutti gli anni in cui il "Mattarellum" è stato in vigore non sempre mi sono recato alle urne. Perché? Perché, per esempio, in una tornata elettorale, sia alla Camera che al Senato sono stati candidati o dei perfetti sconosciuti o ex militanti di Msi e Pci, partiti per me invotabili. Un povero cristo come me, nato e cresciuto democristiano, come poteva andare ad esprimersi a favore dell’uno o dell’altro di loro?
Era anche una questione di dignità. E allora? E allora vorrei un elenco di persone preventivamente designate dalla base (primarie di partito e non di coalizione), così da avere la possibilità di poterne scegliere una, sia per la Camera dei Deputati, sia per il Senato della Repubblica. Ma, forse, chiedo troppo. Infatti, dicono che io sia un idealista.
Lino De Angelis, Cassino (Fr)
Nella sua lettera, caro signor De Angelis, ci sono utili annotazioni personali e interessanti spunti di riflessione generali sui sistemi elettorali sperimentati durante la cosiddetta Seconda Repubblica.
Valutazioni, preoccupazioni e anche recriminazioni che sono già echeggiati in diverse occasioni sulle nostre pagine e in questo stesso spazio. Lei, poi, da lettore attento, sa che condivido profondamente la sua critica di base a "Porcellum" (sistema a liste bloccate e base proporzionale con premio di maggioranza) e "Mattarellum" (maggioritario a base uninominale con quota proporzionale a liste bloccate).
Credo semplicemente che gli errori già fatti non vadano ripetuti e, dunque, che quelle due leggi appartengano al passato e non al futuro. Sono anche abbastanza realista da considerare che nessun sistema elettorale è perfetto, e che anche il migliore rende poco e male in termini di democrazia rappresentativa e di efficacia nella conseguente azione legislativa e di governo se l’offerta politica è inadeguata. Tuttavia, proprio come lei, ritengo che alcuni punti fermi siano ormai chiari o almeno minimamente condivisibili. Si pensa a collegi uninominali? Non ci si azzardi a riproporli senza anche le primarie di collegio, altrimenti si ripresenterebbe lo spettacolo dei candidati "paracadutati" dai generalissimi dei partiti. Si vogliono mantenere le liste di candidati? Si preveda il voto di preferenza (preferenza unica, raddoppiabile solo se si vota una donna e un uomo). Si vuol tornare in sostanza al proporzionale? Si preveda, almeno, una seria e non aggirabile soglia di sbarramento (come in Germania). Si vuol guardare al modello francese e a quello in vigore per l’elezione dei nostri sindaci? Lo si faccia rispettandone la coerenza: doppio turno ed elezione diretta della prima autorità di governo.
Insomma, non si facciano pasticci. E soprattutto si faccia, senza cercare scuse per lasciare le cose come stanno o, addirittura, per tornare indietro.