Opinioni

Il direttore risponde. Viva l’italiano (ma per amore)

Marco Tarquinio sabato 13 ottobre 2012
Caro direttore,
la lingua italiana, che attraverso i secoli ha dato al mondo capolavori assoluti, ora è invasa da parole anglo-americane, in tutti i settori della comunicazione pubblica e privata. Moltissimi sono gli italiani che non si sentono realizzati se non seguono la moda di spiattellare a raffica parole anglo-americane, pronunciando all’inglese perfino parole italiane, francesi, spagnole e latine. Per quanto riguarda le pubbliche istituzioni, poi, quel che impressiona di più è che spesso si fa uso d’anglo­americanismi nelle disposizioni delle autorità e negli atti ufficiali della Repubblica Italiana. E inoltre succede, ad esempio, che i libretti con le indicazioni d’uso di prodotti industriali e commerciali indicano in anglo-americano le caratteristiche, tappezzando di parole anglo-americane le istruzioni, nonostante che queste siano rivolte agl’italiani. Eppure l’anglo­americanizzazione è rifiutata in altri Stati come la Francia, la Spagna, la Germania e altri, dove apposite accademie controllano la purezza della lingua e traducono anche i termini più diffusi dell’informatica. E così – mentre sono giustificabili i nomi stranieri per i discendenti di persone straniere, magari nati all’estero – purtroppo s’impongono nomi stranieri ai figli in famiglie totalmente italiane, e nati in Italia: una cosa che dovrebbe essere vietata per legge. È chiaro che ogni italiano può mettere al proprio figlio il nome che vuole, ma questo dev’essere in lingua italiana: non si deve credere che un nome straniero dia più lustro d’uno italiano. E se non piacciono più i nomi dei santi, che i nostri genitori c’imponevano per devozione e protezione, ci sono migliaia di nomi di fiori o d’altri oggetti e concetti espressi in italiano. L’anglo­americanizzazione della società italiana, ed in particolare della gioventù, non fa onore alla storia e alla civiltà dell’Italia. Allarme per la lingua italiana: è necessario istituire un Ministero dell’identità nazionale, a somiglianza degli attuali assessorati all’identità regionale, col compito di tutelare la lingua italiana. In nome di Dante, riprendiamo l’orgoglio dell’italianità, cioè d’essere italiani e di parlare e scrivere usando solamente parole italiane!
Carmelo Ciccia, Conegliano (Tv)
 
Non condivido tutte le sfumature del suo allarme, gentile signor Ciccia, la sostanza però sì. Le lingue sono e restano vive e vitali fino a quando sono ben conosciute e 'rispettate', anche assimilando termini nuovi, ma senza perdere se stesse. Comunque, caro amico, direi che dobbiamo saperne fare più che una questione di orgoglio una questione di amore. Io amo l’italiano perché è la mia lingua madre, e perché è una lingua straordinariamente ricca di crediti, di debiti, di parentele e di bellezza.