La traslazione. Né onori né pietre: Vittorio Emanuele III e i saggi modi della pietà
Ora, dunque, le spoglie di Vittorio Emanuele III e della regina Elena riposano nel santuario di Vicoforte, nel Cuneese. Il loro trasferimento dall’Egitto e dalla Francia rappresenta un gesto umanitario che risponde al comune sentimento di pietà rivolto indistintamente a tutti i defunti.
La Comunità ebraica italiana, attraverso la presidente Noemi Di Segni, ha espresso «inquietudine», sottolineando le responsabilità di questo Re riguardo al fascismo e in particolare alle leggi razziali. È un’inquietudine giustificata, «in un’epoca segnata dal progressivo smarrimento di Memoria e valori fondamentali», davanti ai tentativi di trasformare un gesto umanitario in un’operazione nostalgica e revisionista.
Il trasferimento di queste spoglie in Italia non può e non deve diventare occasione per cambiare o anche attenuare un giudizio storico consolidato su chi ha avallato la 'marcia su Roma', è stato complice della dittatura fascista e della persecuzione violenta degli antifascisti, della guerra d’Etiopia e dell’alleanza con Hitler, della discriminazione e della persecuzione degli ebrei, di un tardivo sostegno a chi mise in minoranza Mussolini e di una gestione dell’armistizio irresponsabile nei confronti dell’Italia e degli italiani.
Chi insiste sul trasferimento del corpo di Vittorio Emanuele III al Pantheon va nella direzione di una revisione di tale giudizio. Ma il senso dell’accoglienza delle spoglie regali in Italia è stato un altro. Dal 2002, quando è stata abrogata la XIII disposizione transitoria entrata in vigore il 1 gennaio 1948 insieme alla nuova Costituzione repubblicana, non c’erano più motivi per negare a Vittorio Emanuele III di riposare sul suolo italiano. Se ci sono voluti quindici anni è perché membri della famiglia Savoia insistevano su onori pubblici da rendergli al momento del suo rientro e perché il suo corpo fosse inumato insieme ad altri re d’Italia e ad altri eroi patrii al Pantheon. Una richiesta inaccettabile, che già il presidente Ciampi ha respinto, motivandola chiaramente.
Lo scorso anno, invece, Maria Gabriella e altri membri di casa Savoia si sono rivolti al Presidente Mattarella perché favorisse il rientro di questi corpi con un atto umanitario. Accogliendo tale richiesta, Mattarella ha trovato un valido punto di equilibrio tra spinte contrastanti e le modalità sobrie e riservate che sono state individuate rispondono bene al sentimento di pietà ispiratore di questa scelta.
La polemica sull’utilizzo di un aereo militare appare in questo senso sfuocata: ha fatto parte di un più generale impegno a impedire che il rientro diventasse occasione di rivendicazioni inaccettabili. La grande maggioranza degli italiani sembra aver capito e condiviso. Non si tratta, come ha detto qualcuno, di un’occasione di riconciliazione tra italiani che sono stati o che sono su posizioni politiche diverse o antagoniste.
Non è possibile ritrovarsi uniti intorno alla figura di un capo di Stato che ha avallato le leggi razziste del 1938, calpestando diritti fondamentali di cittadini italiani riconosciute dallo Statuto albertino di cui avrebbe dovuto essere il massimo custode. Non è possibile tributare celebrazioni pubbliche alla memoria di un Re che ha anteposto interessi personali ai doveri nei confronti del suo popolo. Non ci sono neanche motivi per rimettere in discussione o attenuare la fondamentale scelta antifascista della Repubblica italiana, presupposto di tanti anni di libertà e di democrazia. È importante ricordarlo oggi, mentre inquietanti manifestazioni di neofascismo tornano a emergere.
La società italiana sembra aver perso una parte degli anticorpi che l’hanno protetta contro una cultura della violenza radicata nel retroterra del fascismo, nel suo armamentario simbolico e nella sua eredità razzista, antisemita e xenofoba. La pietà non ha nulla a che fare con la complicità o la cedevolezza verso una mentalità di violenza e di sopraffazione: aiuta, al contrario, ad accrescere la coesione di una società intorno a fondamentali valori umani che si contrappongono a vecchie e nuove forme di barbarie.