Opinioni

Salute. Vita, povertà e mercato dei farmaci: tre sfide per il Comitato di bioetica

Silvio Garattini martedì 10 gennaio 2023

La ricerca scientifica ha permesso di migliorare la qualità della vita, ma il ruolo della prevenzione in molti casi è decisivo

La nomina del Comitato Nazionale di BioEtica (Cnb), che arriva dopo una interruzione di oltre sei mesi, si accompagna a molti problemi essenzialmente di natura etica che riguardano il mondo della salute. È difficile farne un elenco anche perché vi sono sensibilità diverse fra i 35 membri che compongono il Cnb. Tuttavia, ritengo che molti problemi si possano raggruppare in tre grandi aree: la vita, la povertà, il mercato della medicina.

Gli sviluppi della genetica consentono di prevedere, entro certi limiti, quale embrione potrà dar vita a persone con minori probabilità di avere malformazioni, malattie croniche e tumori. Sarà così possibile scegliere fra gli embrioni prodotti chi potrà sopravvivere, ma questo sviluppo tecnologico pone molti interrogativi etici. L’Unione Europea, inoltre, cerca di premere perché in tutti i Paesi vi sia la possibilità del cosiddetto “utero in affitto”, una concezione che è molto lontana dalla nostra sensibilità che accetta difficilmente che si possa acquistare la vita di un bambino. L’utero in affitto è facilitato dalle attuali possibilità di conservare ovuli e spermatozoi nonché di realizzare un’inseminazione in vitro. Altri ancora sono gli aspetti etici che si pongono in vita, il diritto alla salute, sancito dalla nostra Costituzione è vero solo per una parte della popolazione. Per dare un esempio chi si occupa delle 7.000 malattie rare che affliggono solo in Italia più di un milione di persone? Non certo l’industria farmaceutica che cerca il profitto. Per le stesse ragioni chi si occupa delle gravi malattie psichiatriche incluse le demenze senili?

Ma anche nel campo delle malattie più comuni le terapie andrebbero adeguate ai bambini, agli anziani ed alle differenze di sesso. Sono importanti problemi etici che si devono risolvere attraverso una imprenditoria non profit che deve essere sostenuta dallo Stato. La ricerca non è una spesa ma un investimento. È un imperativo etico sviluppare ricerca non solo per le malattie più comuni. Altri problemi su cui la bioetica dovrà presentare proposte, anche se pluralistiche, riguardano l’altro estremo della vita, la morte, anche in vista di una legislazione per cui ha fatto pressione la Corte Costituzionale. Il fine vita deve anzitutto trovare una soluzione garantendo a tutti le migliori cure palliative siano esse in strutture particolari (Hospice) o a domicilio, oggi più sviluppate al Nord rispetto al Sud. Esperienze di Hospice in cui vi sia, accanto a efficaci terapie antidolore, un’empatia e una grande attenzione alle richieste del paziente, indicano che sono pressoché inesistenti le richieste di eutanasia. Se poi vi fossero condizioni particolari di sofferenza e disperazione intrattabili, con i necessari controlli è possibile attuare la sedazione profonda che conduce alla fine della vita. In questo caso si tratta di un atto d’amore che risponde all’appello ebraicocristiano “amerai il prossimo tuo come te stesso”.

La povertà o, come si usa dire in termini più tecnici, i determinanti sociosanitari, è uno dei più importanti fattori di rischio per ospedalizzazione e interventi sanitari di varia natura. La povertà è spesso legata al Paese, all’ambiente o alla famiglia in cui si è nati nonché alla scolarità. In generale l’Italia è molto indietro nella classifica di chi spende per la scuola. Ciò comporta, insieme ad altri fattori, il fatto che la percentuale dei giovani che hanno una licenza media inferiore, superiore o una laurea sia fra le più basse rispetto a molti Paesi europei. Inoltre, abbiamo una delle più alte percentuali di giovani “neet” che hanno abbandonato la scuola e non ricercano una occupazione. Si calcola che vi siano 10 milioni di poveri che non arrivano alla fine del mese, che hanno un appartamento anti-igienico e non riescono a riscaldare la casa. Sono queste persone con basso reddito che hanno una minor durata di vita e una più alta mortalità infantile. Ad esempio, ciò è dimostrabile perché in Italia, fra Lombardia e Campania esiste una differenza di due anni di vita, come pure nella stessa città esistono differenze fra chi vive in periferia o in centro. La mortalità infantile è doppia in Calabria rispetto al Veneto. La bassa condizione socioeconomica è inoltre un grave fattore di rischio perché i poveri fumano più dei ricchi, hanno più diabete dei benestanti e hanno una più alta percentuale di obesi e sedentari. Pur avendo un Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), che dovrebbe essere equo, i poveri hanno problemi che l’etica deve affrontare. Attualmente molti degli interventi del Ssn, anche in rapporto con il Covid-19, hanno lunghe liste d’attesa, ma se si paga, attraverso la così detta “intramoenia” con le stesse persone, le stesse strutture e le stesse apparecchiature, si hanno gli stessi interventi in pochi giorni, una grave ingiustizia a cui si deve porre rimedio sia offrendo maggiori opportunità di conseguire un reddito migliore, anche aumentando le possibilità di scolarizzazione, in altre parole favorendo un miglior funzionamento “dell’ascensore sociale”. Porre rimedio a questa ingiustizia vuol dire anche che il Ssn venga liberato da interventi che sono evitabili e quindi capaci di permetterne la sostenibilità. Non dimentichiamo che il Ssn è un bene straordinario che non dobbiamo perdere anche nell’interesse dei nostri figli e nipoti.

Il mercato della medicina è certamente sostenuto dagli sviluppi della ricerca scientifica che ha messo a disposizione strumenti diagnostici, terapeutici e riabilitativi di grande importanza che hanno permesso di curare sintomi e malattie, di migliorare la qualità di vita, nonché la durata di vita. L’Italia è giustamente orgogliosa per gli 81 anni dei maschi e gli 85 della femmina. Tuttavia, se osserviamo la durata di vita “sana” scendiamo molto nella classifica europea perché perdiamo parecchi anni per malattie croniche e tumori. I nostri Governi hanno certamente sostenuto la realizzazione del Ssn sotto l’aspetto terapeutico, ma si sono dimenticati di un termine molto importante: la prevenzione.

Infatti, le malattie non piovono da cielo, spesso siamo noi che ce le auto infliggiamo e poi magari ce ne lamentiamo. Si pensi che almeno il 50% delle malattie croniche (diabete di tipo 2, insufficienza cardiaca, ictus cerebrovascolari, insufficienza renale e così via) sono evitabili, il 70% dei tumori è evitabile; eppure, muoiono ogni anno in Italia 180.000 persone di tumore! Riportare l’attenzione del Ssn sui problemi della prevenzione è un imperativo etico in conflitto di interessi con il mercato della medicina che vuole sempre crescere e non necessariamente nell’interesse degli ammalati. La prevenzione richiede anzitutto buone abitudini di vita che dipendono dalla nostra volontà per quanto riguarda l’evitare le dipendenze da fumo, alcol, droghe, giochi d’azzardo, nonché sedentarietà, sovrappeso e obesità. Realizzare esercizio fisico ed intellettuale, mantenere una alimentazione varia e moderata, un sonno della durata di almeno 7 ore.

La Prevenzione richiede anche la possibilità di vaccinare tutte e tutti, di avere a disposizione screening per malattie e tumori, vivere in un ambiente senza inquinanti nonché avere una pubblicità che non propagandi prodotti contrari alla salute. Si tratta quindi di realizzare una grande rivoluzione culturale che dovrebbe essere sostenuta da un importante documento del Cnb. Una rivoluzione culturale richiede processi di formazione. Dovrebbero essere delineati attraverso una Scuola Superiore di Sanità per formare i dirigenti del Ssn alla cultura della prevenzione, una revisione della impostazione delle scuole di medicina per formare medici consci della importanza della prevenzione per la sostenibilità del Ssn. Infine, ma non in ordine di importanza, occorre inserire programmi di salute per tutti i giovani nelle scuole di tutti i livelli e gradi formando un personale qualificato per questo tipo di insegnamento. Parallelamente occorre che i medici del territorio insieme alle organizzazioni di volontari del “terzo settore” e alle attività sociali dei comuni costruiscano un sistema di informazione e di promozione delle “buone” abitudini di vita con particolare attenzione all’etica della solidarietà. Mantenere la salute non è soltanto un mezzo per evitare malattie e sofferenze, ma è anche un atto di solidarietà per migliorare l’efficienza del Ssn.

Queste note sono solo alcuni dei molti problemi che richiedono un’attenzione da parte del Cnb. L’augurio è che si possa trovare rapidamente una linea comune, pur nella varietà delle competenze, per accelerare la soluzione dei problemi prospettati.

Fondatore e Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs