Tutela dell'ambiente. È «verde» la partnership da realizzare con l'Africa
Caro direttore, le parole di Vanessa Nakate debbono rimanere impresse nelle nostre coscienze. Non si possono dimenticare il viso e le lacrime della ventiquattrenne ugandese mentre, in occasione dello Youth4Climate, si rivolgeva ai grandi del mondo ricordando che il tempo sta scadendo, che non si può più rinviare: «Chi pagherà per la distruzione degli habitat naturali, per le case devastate da tifoni e incendi, per le migliaia di persone costrette a migrare? Fino a quando resteremo a guardare?».
Nakate ci parla dell’Africa, della sua terra, della sfida ambientale di un continente con 1,3 miliardi di abitanti e un’età media di 18 anni; ci ricorda i disastri ambientali che colpiscono quei luoghi e che raramente sono oggetto di attenzione perché 'non fanno notizia'. Questo silenzio, questa incapacità di un percorso e impegno comune per la salvaguardia del pianeta avrà conseguenze enormi non solo per i Paesi più poveri, ma anche per l’intero globo, compresi il nostro Paese e la nostra Europa.
Certo, è giusto riconoscerlo, l’Unione Europea sta cominciando a fare, nel contrasto alla pandemia, la sua parte: dopo aver esportato oltre 1 miliardo di vaccini, aver inviato 87 milioni di dosi a Paesi a reddito medio basso, ha deciso, nei giorni scorsi, di donare altri 500 milioni di vaccini per i più vulnerabili. Ma non basta. L’Europa deve fare di più; deve creare le condizioni per un rapporto tra eguali con l’Africa in un’ottica capace di guardare non solo al presente, ma anche al futuro. Nel marzo dello scorso anno l’Alto Rappresentante dell’Unione Josep Borrell ha presentato al Parlamento Europeo e al Consiglio una comunicazione congiunta intitolata 'Verso una strategia globale con l’Africa'. Un documento che, secondo i promotori, avrebbe dovuto favorire e rafforzare i rapporti Ue-Africa con un vero e proprio partenariato anche per evitare che il continente africano diventi sempre più un territorio da sfruttare non solo dalla Cina ma anche dalla Russia. Purtroppo, la proposta di Borrell si è dapprima rallentata e poi è diventata lettera morta. Una lezione che dobbiamo trarre dalla crisi sanitaria che stiamo affrontando è che le sfide comuni necessitano di risposte condivise. L’Africa e l’Europa sono, e debbono essere sempre di più, complementari: relazioni più strette porterebbero benessere non solo agli africani, ma anche agli europei. Non possiamo ridurre la partnership tra Europa e Africa alle sole politiche migratorie.
Lo sviluppo, la tutela dell’ambiente debbono essere l’obiettivo ultimo, ridurla a mero mezzo per frenare le migrazioni renderebbe il rapporto con l’Africa ancor più debole e ipocrita. È urgente, prima che sia troppo tardi, che la Ue rafforzi sempre di più l’alleanza strategica con l’Africa con una vera e concreta transizione verde e con l’accesso all’energia. L’Africa, se opportunamente sostenuta, ha la potenzialità per avviare un percorso autenticamente green senza l’utilizzo di tecnologie inefficienti e puntando su idrogeno ed energie rinnovabili. L’Europa è consapevole che una ricchezza del continente africano viene – oltre che dagli ecosistemi e le foreste – dalla biodiversità unica del suo territorio.
L’Alto Commissario aveva posto come obiettivo il raddoppio dell’approvvigionamento energetico entro il 2040. Questo avrebbe creato le condizioni affinché l’energia elettrica potesse raggiungere 600 milioni di persone che oggi ne sono prive, con tutte le conseguenze che questo comporta. In Africa è possibile – e l’Europa può essere il partner fondamentale per questo obiettivo – realizzare energia pulita, attraverso fonti rinnovabili che permetterebbero sviluppo e rispetto dell’ambiente. Più crescita, più sostenibilità, più posti di lavoro, più tutela degli oceani. Ecco perché l’obiettivo principale dovrebbe essere lavorare a una maggiore cooperazione con l’Africa per massimizzare i benefici della transizione verde e ridurre al minimo le minacce per l’ambiente nel pieno rispetto dell’accordo di Parigi. La pandemia non ha favorito il percorso, che al momento è fermo su un binario morto. Occorre riavviare senza cedimenti il cammino da parte europea. Lo dobbiamo a Nakate e ai tanti giovani africani che, come lei, ci chiedono un futuro migliore. Ma lo dobbiamo anche ai nostri giovani, alle future generazioni.
Vicepresidente Commissione Affari Costituzionali e membro Commissione Esteri del Parlamento europeo