Un fiume che si può governare la «vera politica» che bisogna fare
Caro direttore,
per l’ennesima volta nel mio paesello, Cusano Milanino, il Seveso è esondato! Ed è esondato – notare! – a seguito di una pioggia di soli 48,6 mm! È questo uno dei casi per il quale bisogna dire che proprio la sfortuna non esiste e che se il Seveso ogni volta che pioviggina “sevizia” i milanesi che abitano lungo il suo “inaffidabile” percorso, la colpa è dell’uomo, in particolare della politica miope! Esiste una proposta del “Gruppo Naturalistico della Brianza” a firma dell’idrogeologo Umberto Guzzi, che da anni sostiene la tariffazione (a carico dei proprietari dei lotti edificati) delle acque meteoriche che devono essere avviate in fognatura e di qui in Seveso: e questo perché si impermeabilizza – in modo eccessivo e non necessario – il suolo con piazzali, posti macchina, passaggi pedonali. Se desse così fastidio la tariffazione, comunque si potrebbe ricorrere a degli incentivi per quei cittadini che mantengono invece spazi aperti e naturali attorno alle loro abitazioni; infine potrebbero esserci doppi incentivi a chi “ri-permeabilizza” sotto casa il terreno con piccole vasche di raccolta dell’acqua piovana. Acqua, magari, da utilizzare per i servizi. Esistono professionisti, studiosi, cittadini e soggetti imprenditoriali che vivendo in loco suggeriscono e raccolgono proposte creative efficaci e risolutive: ma chi li ascolta? Con la riconversione di spazi e terreni nel modo appena accennato, ne godrebbero il suolo, la salubrità dell’aria, il microclima delle città e infine la falda acquifera, che tornerebbe a essere alimentata da acque naturali non inquinate, non già da quelle che vi pervengono dopo aver allagato scantinati e box sotterranei. Ah, se ci fosse un po’ di politica vera... quella che sa interessarsi davvero di queste cose! Questo si chiama Bene comune.
Grazie, caro professor Emmolo. Lei è un altro di quei nostri lettori che, ciclicamente, mi aiutano a declinare (e spiegare) con efficace semplicità il concetto di Bene comune. Ma c’è di più. In questa stessa chiave, lei riesce a offrire anche un esempio concreto di che cosa significhi attuare quel «cambiamento degli stili di vita» di cui papa Francesco ci parla nellaLaudato si’. Lo fa senza evocare apertamente l’Enciclica e la lucida e lungimirante visione di «ecologia integrale» che propone, ma dimostrandone l’applicabilità e trasmettendone perfettamente il senso. A partire dal caso concreto del corso del Seveso e della gestione della terra e dell’acqua attorno a questo fiume a carattere torrentizio che per secoli l’uomo si è impegnato ad accudire e a governare come la grande risorsa che è, utile per far viva Milano e “nutrire” i territori che la circondano. Oggi invece sembra essere solo un grande e mai risolto problema. Ne siamo direttamente consapevoli anche noi di “Avvenire”, non solo da cronisti, ma – proprio come lei – da “abitanti”, visto che la nostra sede centrale è in una delle zone milanesi che sono state più volte e disastrosamente vittime delle esondazioni del Seveso.Mi auguro che quella che lei chiama vera politica trovi le giuste risposte, e sappia farlo anche in ascolto – secondo il suo suggerimento – delle esperienze e competenze di persone che parlano e propongono con una speciale intelligenza delle cose perché con il Seveso, diciamo così, “si danno del tu” perché ci vivono accanto. Ma soprattutto mi auguro, e torno così al concetto di Bene comune, che torni – e torni presto – il tempo di una proposta politica vera perché capace di ragionare e agire con quella stessa intelligenza e competenza di cui si è appena detto e che sia guidata – ne sono così convinto da non aver timore di sembrare retorico – da un tale amore per la nostra gente e per l’Italia da essere sempre più impegnata a offrire e suscitare energie e soluzioni utili e dall'anima “buona” e per nulla incline a parole e scelte solo divisive e dall'umore “cattivo”. Un tempo avrei parlato di una politica decisa e pronta a cambiare tanto eppure capace di moderarsi, e proprio per questo tutto meno che insipida, irresoluta, inefficace e, dunque, inconcludente. I veri moderati non sono quelli della “melina”, del ti-ti-ti-toc a centro campo, sono quelli dell’azione ben costruita e mai vanamente offensiva o brutalmente difensiva... Quando evoco la moderazione, insomma, la penso come virtù personale e attitudine comune di uomini politici e di governo responsabili, non come freno nell’azione tesa a realizzare ciò che è buono e giusto. E mi torna sempre in mente la definizione fulminante di un politico galantuomo come Mino Martinazzoli: «Il moderatismo sta alla virtù della moderazione come l’impotenza sta alla castità». Tutti possono intenderlo, i cattolici forse un po’ meglio.