La scuola, l'Agenda Monti e la prossima legislatura. Valorizzare gli insegnanti: qualche suggerimento sul come
«Bisogna prendere sul serio l’istruzione, la formazione professionale e la ricerca»: questo è il titolo del paragrafo dedicato a scuola e università nella cosiddetta Agenda Monti, il manifesto elettorale con il quale il premier uscente è «salito in politica». Un documento che in questi giorni è al centro delle analisi e dei commenti di chi osserva con interesse la presenza sulla scena di un nuovo soggetto politico che sembra puntare soprattutto sui valori della competenza e della serietà. Un titolo, quello che abbiamo citato, che lascia ben sperare sulle intenzioni della formazione centrista in merito a un settore chiave per il futuro del Paese come l’istruzione. Andando oltre al titolo, si parla della necessità di puntare su autonomia e responsabilità delle scuole, di rafforzare il sistema nazionale di valutazione (l’Invalsi e l’Indire), di ridurre l’alto tasso di abbandono scolastico (che oggi viaggia intorno al 18%), di investire in ricerca e innovazione. Tutte cose importanti, ma per chi lavora nella scuola (cioè i docenti, che determinano il livello del sistema dell’istruzione) il passaggio centrale del documento è in queste due frasi: «Serve rompere uno schema culturale per cui il valore dello studio e della ricerca e il significato della professione insegnante sono stati mortificati. Gli insegnanti devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto, investendo sulla qualità».
Questo ci sembra il punto decisivo, perché forse mai come in questi ultimi tempi il rapporto tra politica e classe docente è parso deteriorato. Si tratta di riannodare una relazione e recuperare la fiducia degli insegnanti, valorizzando il loro ruolo e riconoscendo la loro specifica professionalità: la vera rivoluzione in tal senso sarà quando a ricoprire l’incarico di ministro dell’Istruzione sarà chiamato un insegnante di scuola (come alla Sanità si pensa che sia normale chiamare ogni tanto un medico, agli Esteri un diplomatico, al Lavoro un giuslavorista o un sindacalista). Detto ciò, bisogna chiedersi in che modo sia possibile valorizzare la professione docente. Su questo punto l’Agenda Monti non entra nei particolari. Per questo ci permettiamo di suggerire – non solo al professor Monti, ma a chiunque nella prossima legislatura sarà chiamato a responsabilità di governo – un paio di idee concrete. Prima idea: programmare, a livello ministeriale, iniziative coerenti e non episodiche di aggiornamento professionale. L’aggiornamento è un diritto–dovere dei docenti (come tale è definito dal contratto collettivo nazionale del comparto scuola), ma si tratta di un diritto–dovere spesso completamente disatteso. Si tratta invece di un elemento fondamentale, soprattutto in una fase storica in cui la scuola è attraversata da grandi cambiamenti tecnologici e di conseguenza didattici (il 17 dicembre il decreto “Agenda digitale” è stato convertito in legge): dai libri e registri elettronici alle lavagne interattive multimediali. I maestri e i professori italiani devono essere seguiti, accompagnati e motivati in questo processo di cambiamento. Seconda idea: l’Agenda Monti parla di incentivare il merito – citiamo – «ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati».
Su questo punto bisogna vigilare, per evitare che «migliori risultati» si traduca automaticamente in «voti alti» (con una pericolosa china verso il basso dei livelli di apprendimento) o anche in «migliori risultati nei test Invalsi». Perché c’è, nell’insegnamento, una componente educativa e umana che non è affatto misurabile su un piano quantitativo. Una cosa che invece si potrebbe fare subito sarebbe di incentivare economicamente i docenti che, oltre a insegnare, sono impegnati in progetti di ricerca e innovazione (ricordiamo che un certo numero di insegnanti italiani sono in possesso del titolo di dottore di ricerca). Un ultimo appunto: la richiesta di pagare l’Imu ha messo in ginocchio la scuola paritaria (spesso istituti cattolici di antica tradizione e di indiscussa serietà). Sarebbe bello che l’Agenda Monti si arricchisse di un’aggiunta su questo specifico punto: l’impegno a garantire concretamente alle famiglie italiane il diritto di scelta della scuola da far frequentare ai loro figli. Non sarebbe – come dice qualcuno in monumentale e cieca malafede – un «favore al Vaticano», ma un passo avanti in quel sano processo di integrazione europea che pure sta molto a cuore a Mario Monti e alle forze sociali e politiche che lo sostengono.