Se manca anche la vergogna/2. Vaccinazione obbligatoria
Caro direttore,
parto da una citazione. «Siamo tutti consapevoli degli usi distorti - talvolta allarmanti - del web. Vi appaiono segni astiosi, toni da rissa, che rischiano di seminare, nella società, i bacilli della divisione, del pregiudizio, della partigianeria, dell’ostilità preconcetta. Sta a chi opeera nelle istituzioni politiche – ma anche a chi opera nel giornalismo – non farsi contagiare da questo virus, ma contrastarlo. […] L’Italia non può somigliare a un Far West dove un tale compra un fucile e spara dal balcone ferendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione».
Sono parole forti, inusuali nei toni, pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il discorso alla stampa parlamentare di giovedì 26 luglio, che, fissando i cardini del pensare e dell’agire, ne tracciano il percorso umano e civile, mentre inquieta il ripetersi nell’ultima settimana di nuovi episodi di barbarie, per fortuna compensati da altri, di solidale segno contrario. Su questo giornale Ferdinando Camon ha richiamato ’attenzione sull’assurda difesa di chi ha confuso un negro con un piccione, riproponendo così uno sport – il tiro al piccione – che, estromesso dai Giochi olimpici, rischia di tornare a essere praticato fra gli umani. Il presidente Mattarella chiede in sostanza a tutti i cittadini di non essere contagiati dal virus dell’«ostilità preconcetta».
Noi, come operatori dell’informazione e della cultura a vari livelli, dobbiamo prestare servizio giorno e notte come medici e infermieri, perché questa è una vaccinazione ob-bli-ga-to-ria per una convivenza degna di questo nome. Occorre un cambio diprospettiva rispetto a ciò che è percepito, ormai troppo e troppo spesso, solo come pietà, buonismo… L’umano si distingue per la capacità di accoglienza. L’ospitalità è un archetipo resiliente, cioè si può piegare, ma non spezzare di fronte a certe difficoltà. Chi ospita cerca ostinatamente di trovare nuove armonie ed equilibri con passione e razionalità. È il fondamento dell’umano. Vale sempre – anche in guerra! – e a maggior ragione oggi, di fronte a ciò che sembra un 'nemico diffuso' da cui ci sentiamo minacciati.
Da dove proviene questa paura? Cos’è che temiamo veramente? C’è paura quando viviamo un crollo di fiducia. Se sappiamo accoglierci a vicenda proprio nei momenti di vulnerabilità, la fiducia ci fa superare la crisi, perché è colmato il vuoto angosciante che ci aggredisce se qualcosa ci sembra sia stato sottratto inaspettatamente. In questo vuoto, oggi può subentrare il contagioso panico collettivo che genera il 'nemico diffuso', il 'nemico totale' dell’epoca globale. Inganno terribile! Nel panico si costruisce il fantasma del nemico. L’ostilità preconcetta di cui parla il presidente Mattarella non è tanto segno della cattiveria umana, quanto piuttosto esito di un clamoroso inganno. Proprio l’ostinarsi a vedere nemici, a identificare dei bersagli, a immaginarsi sempre in «guerra contro » è segno tangibile di perdita di fiducia nell’altro. L’astio da lui citato è sulla soglia dell’odio che recide l’albero della cittadinanza. Questa violenza, che si esprime in parole e gesti distruttivi, non è, perciò, segno di raptus occasionali o patologici, ma si genera dal momento in cui si ha paura di riconoscere l’altro, la cui differenza, inquietante, diventa insopportabile. Allora il terreno
dell’inimicizia è pronto a ricevere il seme. È questo il diffuso sentimento reale che fabbrica il fantasma del nemico. Grazie, presidente Mattarella, di aver chiesto a tutti noi di fermare il contagio. È urgente.