L'ottusità della pianificazione. Uomini come pedine
Nella medesima seduta il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo ha formalizzato un’altra novità, già decisa a novembre dal Comitato centrale del Partito comunista cinese: l’abolizione del sistema dei 'campi di lavoro' (i famigerati laogai). Anche in questo caso, andrebbe in pensione, perché anacronistico oltre che oltraggioso della dignità dell’uomo, un altro pezzo dell’eredità maoista: il sistema della cosiddetta 'rieducazione attraverso il lavoro'. Di conseguenza verrebbero liberati tutti coloro che vi sono internati: 160 mila detenuti che, secondo i calcoli più prudenti, sarebbero richiusi in 260 campi. Nei laogai attualmente finiscono spesso dissidenti politici o personalità religiose, arrestati per vari motivi e mai condannati da una corte. Anche in questo caso, siamo di fronte a una piaga denunciata, da anni, da alcuni attivisti cinesi: su tutti Harry Wu, un dissidente che ha passato lunghi anni nei laogai e ne ha documentato la brutalità.
Le due notizie citate – revisione della legge sul figlio unico e chiusura dei laogai farebbero pensare a un radicale cambio di paradigma nella politica sociale cinese. Ma le cose non stanno esattamente così. Che i mandarini di Pechino non abbiano perso il vizietto di organizzare esperimenti sociali – anche su vasta scala – in ossequio ai dettami del Partito e alle «esigenze della patria», lo dice l’ambizioso, quanto mostruoso, esodo forzato che si annuncia per i prossimi anni: il trasferimento di circa 250 milioni di contadini nelle medie città del Paese. Un’enorme iniziativa di ingegneria sociale volta ad assicurare l’aumento dei consumi interni per stabilizzare l’economia, assicurando così alle autorità sonni tranquilli per il futuro. L’operazione, giurano a Pechino, verrà condotta con metodi più soft delle deportazioni forzate del passato. Rimane, tuttavia, un problema irrisolto: quello di un grande Paese, sempre più protagonista sulla scena internazionale, che nella politica interna usa i cittadini come pedine di un “grande gioco” condotto dai vertici.