Opinioni

Nomadelfia e Loppiano. Uno stimolo a promuovere città o quartieri senza periferia

Mimmo Muolo venerdì 11 maggio 2018

Loppiano ha circa 850 abitanti, Nomadelfia poco più di 300. Pochi per definirle «città» secondo i canoni classici. Ma più che sufficienti per eleggerle – come ha fatto ieri il Papa – a paradigma di «città senza periferie» (la prima) e di «realtà profetica che si propone di realizzare una nuova civiltà, attuando il Vangelo come forma di vita buona e bella» (la seconda). C’è infatti anche questa chiave di lettura a legare la doppia visita di Francesco nelle due comunità rispettivamente fondate da Chiara Lubich e da don Zeno Saltini. Un itinerario nell'idea stessa di agglomerato urbano secondo la visione cristiana. La città, del resto, accompagna da millenni la storia dell’uomo. Non solo luogo di una complessa stratificazione architettonica ed urbanistica, sociologica ed economica, ma anche e soprattutto riflesso dell’antropologia che guidandone la fondazione, la crescita e l’evoluzione, sfocia inevitabilmente in quella domanda di senso che ha il suo culmine nel rapporto con Dio.

Non è un caso che sia proprio il cristianesimo a portare fino in fondo la questione-città. Nella Scrittura, infatti, la parabola umana ha il suo alfa in un giardino e l’eterno omega proprio in un agglomerato urbano: «Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo», scrive l’apostolo Giovanni nell'Apocalisse. È la descrizione della città perfetta, quella in cui l’amore in atto è l’unica legge. L’escatologia, dunque, si aggiunge alle altre componenti per così dire 'orizzontali', illuminandole di una luce di verità, che si fa anche necessario 'dover essere' rispetto a un 'essere' spesso lontano anni luce dal suo modello.

Che cosa associamo infatti più immediatamente all'idea di città nel nostro mondo contemporaneo? La realtà di megalopoli disumanizzate e disumanizzanti, dove a prevalere sono le singole solitudini, o la composizione armoniosa delle diverse identità in corpi intermedi che si chiamano famiglia, reti civiche e parti sociali? Lo squilibrio tra centri-cornucopia, sfavillanti di ricchezza, e banlieue degradate o lo scambio fecondo di una 'carità in uscita' che abbatte i ghetti, diventando progetto politico di integrazione? La cronaca di tutti i giorni sposta il pendolo, purtroppo, sui primi termini delle alternative proposte e ci consegna un’immagine di città di volta in volta 'jungla d’asfalto', realtà inquinata e inquinante, luogo più vicino alle veterotestamentarie Sodoma e Gomorra, che non alla già ricordata Gerusalemme celeste.

Perciò il viaggio di Francesco a Loppiano e Nomadelfia assume anche il significato di un ribaltamento di prospettiva nel modo di sentire e vivere la realtà. Il tutto in perfetta continuità con il suo magistero sulle periferie e con altre sue visite a quartieri simbolo come il Corviale di Roma, Scampia a Napoli, Case Bianche a Milano. Nelle due comunità site in Toscana l’accento va infatti su una convivenza che è fatta di «dialogo» e «prossimità», di composizione sinfonica delle differenze, di aiuto reciproco, di sviluppo sostenibile, di economia di comunione, di sapere e lavoro che si richiamano e si alimentano a vicenda. Sono i prototipi di «città senza periferia», o, se si vuole, di comunità capaci di mettere in comune e condividere i propri beni, che il Pontefice pone oggi sotto gli occhi di tutti (il riferimento è al famoso brano degli Atti degli Apostoli, citato dal Papa proprio a Nomadelfia).

Solo un ideale e come tale irrealizzabile in metropoli che contano non centinaia ma talvolta milioni di abitanti? In realtà quella di Papa Francesco vale come indicazione di una direzione di marcia. Non facile, ma neppure impossibile da attuare. A partire dai nostri condomini, che hanno meno abitanti di Loppiano e Nomadelfia, ma che sono talvolta più velenosi di una turbolenta periferia; passando per la politica, più incline agli interessi di parte che non al perseguimento del bene comune; per finire a ognuno di noi che verso la Gerusalemme celeste siamo non solo incamminati, ma anche chiamati ad anticiparla in tutti i modi umanamente possibili, promuovendo città (o almeno quartieri) senza periferia.