Il Papa a Lampedusa, segno forte. Un dono un monito
Verità ancor più valida per la religione cattolica «la quale, tra le altre, ha per sua natura sempre legato fede e opere, aspirato a dare alle opere come fondamento un diritto naturale, cioè ad affermare una coerenza tra fede e ragione, entrambe con una propria storia». Un legame che ritroveremo particolarmente, negli anni a cavallo dei due secoli, nel concreto, minuto e quotidiano operare, di tante donne e uomini di fede, in favore degli ultimi, degli immigrati, dei perseguitati dalle violenze e dai razzismi di ogni tipo.
Oggi, papa Francesco continua a parlare quella lingua e a scuotere le nostre coscienze e la nostra opaca indifferenza, lanciando un «limpido sguardo» – come scriveva ieri su questo giornale Marina Corradi – sulla più derelitta tra le periferie, sulle «urla nel silenzio» di quei ventimila morti, nel mare nostro, nel loro viaggio verso l’Europa. Sullo scandalo della nostra mancata o insufficiente indignazione, degli anni scorsi, di fronte alle centinaia di uomini e donne respinti senza essere guardati in faccia e riconosciuti dai nostri mari e mandati a morire di sete nel deserto libico.
Anche chi – come noi – crede che il fenomeno epocale dei grandi flussi migratori va governato e disciplinato, mirando a creare una comune cultura dei diritti e dei doveri; anche chi sa che le leggi nazionali devono inquadrarsi in una rigorosa normativa europea; anche chi crede che occorre lasciare «a Cesare quel che è di Cesare», non può non accogliere lo sguardo di papa Francesco come un dono, un monito a tutti gli umanesimi di culture diverse, un appello a quella intesa sulle grandi cose semplici, fondata sul riconoscimento della dignità di ogni persona umana, su quella voce della coscienza che è immanente in ogni uomo e che stabilisce la condizione prima per un dialogo tra tutti gli uomini di buona volontà, a cui ci richiamava il cardinal Martini in un suo celebre dialogo con Umberto Eco.
Chi ogni giorno tenta, con mille difficoltà, di coniugare il principio di solidarietà con il principio di realtà; chi cerca di lavorare per uno Stato che non sia forte con i deboli e debole con i forti; chi cerca di contrastare una criminalità legata all’immigrazione, che ha come principali vittime gli stranieri e i ceti più deboli delle nostre città, sente, nel limpido sguardo di papa Francesco, un incoraggiamento paterno, un incitamento a fare meglio il proprio piccolo lavoro quotidiano, a essere più giusto nell’applicare la legge, a sforzarsi, insieme, ad avere leggi più giuste e più degne delle nostre tradizioni culturali.