È una novità assoluta, un fatto inedito nella storia del cristianesimo europeo: per la prima volta la più alta autorità della Chiesa ortodossa russa si recherà in Polonia, baluardo orientale del cattolicesimo romano. Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, inizia domani a Varsavia una visita di quattro giorni destinata a segnare una svolta nei rapporti complicati e difficili fra due Paesi tradizionalmente ostili, gravati da un’antica eredità di guerre e invasioni e dalla recente memoria del comunismo sovietico. Momento culminante dell’evento sarà l’incontro tra il Patriarca Kirill ed il presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Jozef Michalik, al termine del quale verrà firmato un Messaggio congiunto, un appello alla riconciliazione rivolto ai fedeli ed ai cittadini delle due nazioni. Il modello cui ci si è ispirati è la famosa Lettera del 1965 inviata dall’episcopato polacco ai confratelli tedeschi, «Perdoniamo e chiediamo perdono», che contribuì in modo decisivo al processo di riconciliazione post-bellica fra i due popoli.
A quasi cinquant’anni da quell’abbraccio commovente che attirò sulla Chiesa polacca i fulmini del Partito comunista allora imperante sulla Vistola, si apre il cantiere di un’altra difficile opera di pacificazione. Basti pensare che in Russia è stata ripristinata come festa nazionale la giornata del 4 novembre, in ricordo della cacciata da Mosca degli invasori polacchi del 1612. Ma nei secoli seguenti il ruolo d’occupante fu giocato dagli zar e quindi dai bolscevichi. Sono ferite ancora aperte, come quella di Katyn dove nel 1940 su ordine di Stalin vennero uccisi a sangue freddo 22 mila ufficiali polacchi. Il luogo è divenuto simbolo di una tragedia nazionale che si è ripetuta una seconda volta nel 2010 con la catastrofe aerea in cui persero la vita il presidente Lech Kaczynski e l’intera delegazione che l’accompagnava. «Da qui, da quest’immenso dolore deve iniziare una nuova era nei rapporti tra Russia e Polonia», ha dichiarato Kirill in visita a Katyn lo scorso 15 luglio, quasi ad anticipare il senso cruciale del viaggio che s’inizia domani. Un atto di coraggio che per il Patriarca ha il sapore di una sfida interna alla sua Chiesa dove una parte della gerarchia e molti fedeli continuano ad essere animati da forti sentimenti anti-cattolici e antipolacchi.
Negli ultimi vent’anni sono state particolarmente aspre le incomprensioni e le polemiche tra il Vaticano e la "Terza Roma". Non è certo un segreto che l’accusa di proselitismo, lanciata frequentemente dal Patriarcato di Mosca nei riguardi dei cattolici in Russia, sia diretta soprattutto contro i sacerdoti polacchi molto attivi nell’ex impero dell’ateismo. Nel suo lungo pontificato, Giovanni Paolo II aveva cercato in tutti i modi il dialogo con i fratelli slavi dell’ortodossia (tra l’altro aveva loro restituito nel 2004 l’icona della Madonna di Kazan, finita per complicate vicende storiche nell’appartamento pontificio), ma non era riuscito a vincere la diffidenza tipicamente russa nei confronti del "Papa polacco". La visita di Kirill spalanca nuovi orizzonti e suscita grandi speranze che vanno al di là delle questioni bilaterali tra Russia e Polonia e investono direttamente il futuro delle relazioni tra Vaticano e Mosca.
Kirill, grande estimatore di Benedetto XVI, non mancherà l’occasione per ribadire la sua sintonia spirituale con il Papa. E chissà che la missione a Varsavia non rappresenti una tappa d’avvicinamento a Roma, in vista del grande incontro finora mai realizzato ma oggi a portata di mano: quello tra il Capo della Chiesa cattolica ed il Patriarca della Russia.