Il direttore risponde. Una storia storta (con del bene)
Gentile direttore,
le scrivo in un giorno di quelli che portano a scrutarsi dentro e ad assaporare più che mai il gusto intenso e unico della vita. Proprio in uno di questi giorni, chissà per quale imponderabile arcano, il vivo ricordo del mio babbo (è inutile… noi toscani non ce la faremo mai a chiamarlo papà!), volato in cielo cinque mesi fa, è tornato a essere addirittura più forte di quanto non lo sia già ogni giorno. Un uomo profondamente buono che mi ha insegnato la mitezza, la carità senza proclami, la straordinaria bellezza della famiglia, la capacità di ascoltare e una lunga serie di altri valori che difficilmente si riesce a far propri senza che la Grazia divina si faccia presente attraverso la compagnia, l’affetto e la relazione con certe persone. Negli ultimi tempi la sua permanenza in ospedale si era fatta più assidua ma, nonostante il quadro clinico compromesso, aveva e trasmetteva speranza, in un modo, oserei dire, commovente.
Quale può mai essere la ragione per voler scientemente minare la speranza di un uomo così? E, anche se qualcuno avesse una ragione, potrebbe mai essere, questo qualcuno, uno di quelli che si trovano lì proprio per contribuire alla sua guarigione? L’infermiera che porge la pastiglia da inghiottire non dovrebbe accompagnare questo gesto con un «Vedrà che con questa starà meglio», anziché con un irritante e blasfemo «Il corpo di Cristo»? Questo è accaduto. E alle rimostranze di mia mamma per questa oscenità, la signora infermiera, che probabilmente del libro "amore per il prossimo" non ha letto diversi capitoli, ha risposto «Signora, ma che crede? Di là non c’è mica niente!». Per scalfire la fede mia e dei miei genitori non basta certo il commento di un’infermiera maleducata e aggressiva ma, mi chiedo, quando ci si renderà conto che "umanizzare" gli ambienti ospedalieri non significa soltanto cercare le terapie mediche migliori arrecando la minore sofferenza possibile ma anche (e soprattutto) umanizzare chi ci lavora? Grazie, direttore, per avermi dedicato qualche minuto: io e il mio babbo la ringraziamo di cuore!
Gianluca Pasquinucci, San Miniato (Pi)