Una «radice» per la Francia e tutti noi. La gran madre deve risorgere
Alle otto la gente che in tutta Europa rincasa e accende la tv si blocca davanti allo schermo, attonita: Notre-Dame brucia. Brucia davanti ai nostri occhi la straordinaria cattedrale che è il simbolo della Francia, e anche uno cuore antico di questo nostro continente. Le fiamme divampano selvagge sul lato destro, divorano le travi secolari del tetto con la voluttà famelica del fuoco. Il rosso dell’incendio che si consuma e filtra dalle vetrate dei rosoni pietrificano chi, in città o molto lontano, sta a guardare.
«È un pezzo di noi che brucia», dice Macron. Un pezzo dei parigini, e un po’ di noi, in questa Europa divisa e dimentica, ma che ancora in ogni sua remota pietra parla cristiano. Sì, è un nobile, quasi millenario pezzo di cristianità quello che arde nell’apparente impotenza di centinaia di pompieri. E quando la guglia più alta, esile e orgogliosa, rosa dalle fiamme si spezza e precipita, trascinando la croce che ha sulla cima, è un urto al cuore: mio Dio, sembra il film di un Armagheddon, sembra un segno di fine del mondo. Fatichi a scuoterti dallo sgomento che Notre-Dame cinta dal fuoco suscita.
Turba un dubbio: può un incendio così terribile nascere in poche decine di minuti, da un incidente? Non vuoi nemmeno pensarci. Nelle immagini da Parigi il riverbero delle fiamme colora di porpora le facce dei parigini, per strada. Sono atterriti, e tristi. Si incenerisce un pezzo della loro vita, e di decine di generazioni alle loro spalle. Ottocento anni di storia: da qui fu convocata la Terza Crociata, nel 1185, e qui la Rivoluzione entrò come un’onda di devastazione, profanando e distruggendo ogni cosa: per farne il Tempio della Ragione. A Notre-Dame nel 1804 Napoleone fu incoronato imperatore. Sotto alle guglie il secolo successivo sfilarono i carri armati della Wehrmacht. Un macigno di storia quelle pietre, e una radice al fondo dei francesi.
Radice inconsapevole, magari. Forse molti si accorgono solo ora di quanto avevano cara quella cattedrale. Proprio da pochi giorni sedici grandi statue erano state rimosse dal tetto per andare al restauro: i dodici apostoli e i quattro evangelisti. Da centinaia d’anni vegliavano Parigi dall’alto, e, proprio ora che se ne sono andati, questa tragedia. Non si osa dirlo a voce alta, ma ci si pensa: proprio ora. Oltre alla tristezza, angoscia, come se la guglia di Notre-Dame che si spezza potesse essere un segno doloroso.
Nelle strade di Parigi ora alcuni si mettono a pregare. Per la cattedrale, grande madre di pietra che pareva indistruttibile. Mentre scriviamo arriva la notizia che il fuoco si propaga a una delle torri. Il cielo ora è plumbeo di notte e fumo denso. Quando si fermeranno quelle lingue rabbiose? Che terribile pasto ha fatto questa notte, il fuoco. Eppure, anche in una notte come questa siamo certi che Notre-Dame risorgerà. Che la ricostruiranno, i francesi, anche per noi europei. Non tollerando quella ferita aperta nel loro cuore. E un po’, nel cuore di ognuno di noi.