Il direttore risponde. «Una legge per l’azzardo patologico» Sì, non ci rassegniamo a Bisca Italia
Caro direttore,
sono circa 800mila gli adolescenti italiani fra i 10 e i 17 anni che giocano d’azzardo e 400mila i bambini con meno di 10 anni che si sono avvicinati a questo mondo sempre più invasivo e accattivante nelle sue molteplici forme. Eppure a loro dovrebbe essere interdetto: “+18” recita la scritta di un marketing aggressivo, che tappezza gli autobus delle città, che riempie le strade di cartelloni 6 x 6, che incornicia edicole dei giornali, che invade bar e tabaccai, e con una fastidiosa insistenza appare nella pubblicità dei programmi in tv, alla radio e sui computer. Si tratta di giovanissimi, sui quali pesano l’ignoranza e la latitanza degli adulti. Il 90% dei genitori non ha idea di che cosa significhi esattamente il termine “ludopatia” e tanto meno sa cosa significhi l’acronimo GAP: gioco d’azzardo patologico, fin troppo criptico per l’opinione pubblica.
Un 50% dei genitori è preoccupato del fatto che i propri figli possano diventare vittime di questi nuovi modelli di gioco, ma ignorano fino a che punto siano già intrappolati dal meccanismo seduttivo delle slot-machine, dei gratta e vinci e delle forme di gioco disponibili su computer di casa, tablet e smart phone. D’altra parte se un 50% dei genitori gioca, più o meno frequentemente, non stupisce che il 55% dei ragazzi partecipi ai giochi d’azzardo dei grandi o chieda di farlo.
Non sono numeri a caso; sono emersi da un’indagine sul gioco d’azzardo nei minori promossa dalla Società italiana dei medici pediatri e dall’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza, e sono stati presentati nei giorni scorsi in un congresso pediatrico internazionale. L’aspetto sconcertante del problema è la sostanziale elusione del problema da parte degli adulti: il 20-30% di loro risponde di non ricordare, di non sapere, di non aver visto. In sostanza girano la testa dall’altra parte per non affrontare il problema, pensando che il gioco d’azzardo non possa costituire un problema per i propri figli. Fin dal 15 marzo 2013: a legislatura appena iniziata, ho presentato un disegno di legge per la prevenzione e la cura del gioco d’azzardo patologico, a cui sono rapidamente seguite altre sette proposte di legge sullo stesso tema e l’11 settembre del 2013 è iniziato l’esame in Commissione affari sociali per giungere a un testo di base il più condiviso possibile. Da allora il dibattito è proseguito con la discussione degli emendamenti, ma non è ancora possibile prevedere il suo approdo in Aula, perché l’ingorgo istituzionale provocato dal succedersi dei vari decreti legge rimanda continuamente la sua approvazione. Eppure si tratta di un problema grave: contagioso, progressivo e almeno finora pressoché incurabile per mancanza di strumenti concreti. L’attenzione del governo sembra concentrarsi quasi esclusivamente sugli aspetti fiscali del problema, sul gettito che si può ricavare dal gioco d’azzardo, mentre resta nell’ombra la preoccupazione per questa sorta di costosa pandemia che si estende a macchia d’olio, coinvolgendo persone sempre più giovani e più fragili. È sul capovolgimento di questa prospettiva che vorremmo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi facesse sentire la sua voce: con tutta la fatica che si fa a finanziare i famosi 80 euro per le famiglie indigenti, c’è il rischio che questi pochi euro possano essere bruciati in poco più di un pomeriggio in una bar tappezzato di slot machine o davanti al computer di casa… Occorre porre un argine a questa emorragia e mettere la tutela della salute al primo posto. Lo Stato ha indubbie e pesanti responsabilità e non può, a sua volta, girare la testa dall’altra parte. Questa è di quelle riforme che farà bene al Paese, e ci aspettiamo di poterla portare prestissimo, prima della pausa estiva, al voto della Camera.
Paola Binetti - Deputato, presentatrice e relatrice del ddl sul gioco d’azzardo compulsivo