Opinioni

Per il Papa, un insegnamento dal valore insostituibile. Una laicità senza complessi non teme l’ora di religione

Piero Chinellato domenica 26 aprile 2009
L’accordo del 1984 di modifica del Concordato, oltre a contenere enunciazioni di grande respiro, produsse due decisioni che fecero vibrare il cuore di quanti miravano a un ridimensionamento della presenza pubblica della Chiesa: l’introduzione dell’8 per mille in sostituzione della «Congrua» quale canale di finanziamento della Chiesa, e la facoltatività della frequenza all’Insegnamento di Religione cattolica. Da allora è trascorso un quarto di secolo ed entrambe queste opzioni riscuotono adesioni che si mantengono a livelli quasi plebiscitari. Abbiamo così la prova concreta che nell’animo profondo del nostro popolo, pure aggredito da una secolarizzazione pervasiva, rimane solida la convinzione della positività di ciò che gravita attorno alla fede, alla Chiesa, al cattolicesimo. Ne ha dato atto lo stesso Benedetto XVI nel discorso rivolto ieri ai partecipanti a un foltissimo incontro degli insegnanti di religione cattolica, riconoscendo che «l’altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina è il segno del valore insostituibile che essa riveste e un indice degli elevati livelli di qualità che ha raggiunto». In un tempo in cui le domande fondamentali sull’esistere sono occultate o rimosse, abbiamo la conferma che «la dimensione religiosa non è ...una sovrastruttura; essa è parte integrante della persona, sin dalla primissima infanzia; è apertura fondamentale all’alterità e al mistero che presiede ogni relazione e ogni incontro tra gli esseri umani». La scelta che tantissimi genitori e tanti giovani compiono di frequentare l’insegnamento di religione, anche al di là di una personale e convinta adesione di fede, rispecchia il fatto, come ancora nota il Papa, che tale materia «favorisce la riflessione sul senso profondo dell’esistenza, aiutando a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un’intuizione globale». L’insegnante di religione, armato solo del proprio prestigio personale, della competenza e della cura affettuosa che rivolge a ciascun allievo, è sovente la persona scelta da questi quale interlocutore per i discorsi e i problemi che eccedono i programmi didattici. In un tempo in cui gran parte della ribalta culturale snobba o irride il fatto religioso, Papa Ratzinger ricorda a ciascun docente di religione come, oltre alla competenza, gli appartenga «la vocazione a lasciar trasparire che quel Dio di cui parlate nelle aule scolastiche costituisce il riferimento essenziale della vostra vita». L’IdR, sottolinea ancora il Papa, non è uno spazio residuale concesso ai cattolici, ma «parte integrante della storia della scuola in Italia», perché «la dimensione religiosa... è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita», in definitiva: «la dimensione religiosa rende l’uomo più uomo». Per tutto ciò «lungi dal costituire un’interferenza o una limitazione della libertà», la presenza degli IdR «è anzi un valido esempio di quello spirito positivo di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva, fondata sul rispetto reciproco e sul dialogo leale». Sarebbe davvero interessante se, una volta tanto, chi rimprovera al Papa e alla Chiesa di brandire esclusivamente dei «no» – veri o solo presunti che siano – interloquisse con tutti i «sì» alla cultura e alla laicità autentiche di questo discorso. Possiamo sperarci?