Pubblichiamo l'appello di 14 associazioni e realtà della società civile a riguardo del decreto sulle banche popolari presentato dal governo.Siamo da sempre un Paese ricco delle proprie differenze e della varietà dei propri territori. Il nostro tesoro finanziario è la biodiversità che si alimenta di un fitto tessuto di fondazioni, banche cooperative e popolari e banche Spa, ognuna delle quali con una specifica vocazione e un vantaggio comparato nel servire meglio una parte del nostro mondo produttivo fatto di grandi, medie, piccole imprese e artigianato.Cogliamo nell’attuale governo grandi energie e voglia di migliorare il Paese e pensiamo che ciò rappresenti un’opportunità importante anche sul fronte della riforma della finanza. Il rischio molto serio che avvertiamo però in questa fase è quello di un
riduzionismo che si alimenta dei miti del consolidamento, del risiko bancario e che identifica nell’anomalia delle banche a voto capitario il problema del Paese. Questa vulgata sembra ignorare i risultati della letteratura internazionale, le evidenze dei dati e il percorso stesso riformatore di quasi tutte le maggiori economie mondiali.Centinaia di migliaia di osservazioni a livello mondiale e tutti i principali studi ci dicono infatti che le banche a voto capitario sono significativamente più dedite al credito rispetto al trading sui derivati, che i loro utili sono significativamente meno volatili, che tali banche non sono affatto più rischiose delle Spa e sono, anzi, meno esposte ai rischi di perdita di valore del patrimonio allo scoppio di bolle speculative. I rapporti di istituzioni internazionali (rapporto Liikanen degli esperti Ue, rapporto Ilo) sottolineano inoltre l’importanza della diversità delle forme bancarie per aumentare la resilienza dei sistemi e la loro capacità di superare le crisi. Ed evidenziano come la dimensione, oltre alcune soglie, diventi più un problema creando giganti "troppo grandi per fallire" che aumentano il rischio sistemico e rischiano di "catturare" i regolatori.Per tali motivi il grave rischio che identifichiamo nell’approccio del governo è quello di muovere verso un modello dove la diversità delle specie viene sostituita dalla presenza di pochi grandissimi attori, che potrebbero avere quartieri generali e interessi lontani da quello del finanziamento delle piccole, medie e grandi imprese del nostro Paese, e che per la loro natura sono più propensi a indirizzare il ricco risparmio dei nostri territori verso la finanza piuttosto che il credito. Le banche di credito cooperativo sono un intermediario chiave nel sistema bancario con 3.700 banche, 56 milioni di membri e 215 milioni di clienti in tutto il mondo. Le banche a voto capitario rappresentano il 60% degli sportelli in Francia, quasi il 50 in Germania e Canada, il 40 in Olanda e Austria (e circa il 39 in Italia). Secondo uno studio della Bundesbank nel 2008 vi erano oltre 1.200 istituti e 13.600 sportelli regolati da principi mutualistici e di interesse sociale, con un bilancio aggregato di 1.000 miliardi di euro, al servizio di 30 milioni di clienti. Desjardins in Canada ha un attivo di 223 miliardi di dollari canadesi, 44.900 addetti e 5,6 milioni di soci. Il gruppo eroga un milione al giorno in borse di studio e donazioni. Bloomberg ha definito nel 2014 Desjardins la prima banca più solida dell’America del Nord e la seconda del mondo (WCM, 2014).Il vicedirettore della banca canadese ha dichiarato lo scorso anno: «Come cooperativa non guardiamo solo ai profitti a breve, ma all’impatto di lungo termine. È normale pertanto per noi investire in cooperazione, ambiente, istruzione, finanza sostenibile. Sappiamo che questo sarà conveniente nel medio termine e nell’interesse dei nostri soci». Il rischio del decreto Popolari è che esso impedisca che in Italia possa evolvere e crescere qualcosa di così bello. Sarebbe stata una perdita rilevante per il Canada se qualcuno avesse avuto la stessa idea 10 anni fa.
Siamo sicuri di voler buttare a mare tutta questa ricchezza ? È per questo che chiediamo che la riforma della finanza segua invece le seguenti linee guida e che il governo si impegni a:
1) predisporre regole per la separazione tra banca commerciale e banca d’affari muovendo nella direzione già intrapresa da Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti;
2) lavorare a livello europeo per un testo unico bancario che recepisca la ricchezza delle diverse forme organizzative (a voto capitario e Spa) che si sono affermate nei Paesi membri senza cassarne alcuna;
3) eliminare la proposta di fissare una soglia dimensionale oltre quale diventa impossibile essere banca a voto capitario impedendo la possibilità che nascano anche da noi realtà come quelle attive – solo per citare alcuni Paesi – in Olanda, Francia, Austria, Germania, Canada;
4) sollecitare, come sta accadendo, un’autoriforma nel mondo delle banche di credito cooperativo che aumenti la capacità di capitalizzazione del sistema attraverso garanzie di rete e una maggiore integrazione con l’organizzazione di secondo livello. Fissare limiti di mandato e norme più severe per evitare che la politica "catturi" i consigli di amministrazione oltre che regole che favoriscano la diversificazione degli impieghi e l’accesso rapido al capitale di rischio;
5) offrire alle Popolari di grandi dimensioni la doppia opzione di muovere verso la banca Spa o rinforzare la loro identità mutualistica mantenendo il voto capitario;
6) continuare con decisione lo sforzo per costruire una "bad bank" seguendo l’esempio spagnolo che aiuti tutto il sistema delle nostre banche a superare questo momento difficile riducendo il peso dei crediti deteriorati e liberando capitale per i nuovi impieghi
I FIRMATARI DELL'APELLOMatteo Truffelli (Azione Cattolica), Giorgio Vittadini (Fondazione per la Sussidiarietà), Gianni Bottalico (Acli), Gianfranco Cattai (Focsiv), Antonio Salvio (Cvx), Carlo Costalli (Mcl), Don Adriano Vincenzi (Fondazione Toniolo), Sonia Mondin (Masci), Salvatore Martinez (Rinnovamento nello Spirito Santo), Rita Pilotti e Marco Fornasiero (Fuci), Gennaro Iorio (Movimento dei Focolari), Maria Pia Campanile Savatteri (Cif), Vincenzo Conso (Icra), Giovanni Paolo Ramonda (Comunità Papa Giovanni XXIII)