Lettere. Un tablet a un anziano e si dischiude un mondo immenso (anche di fede)
Il 23 giugno scorso su queste pagine don Mauro Leonardi, che da scrittore e da prete il mondo digitale abita e percorre in scioltezza, spiegava che per recitare la liturgia delle ore preferisce le “vecchie” pagine cartacee: il tablet o lo smartphone, diceva in sostanza, distraggono. Pochi giorni dopo don Marco Sanavio, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Padova, replicava che la liturgia delle ore in versione digitale è invece pratica e leggera. Nel dibattito che è seguito sulla pagina Facebook del giornale si è inserito questo messaggio di un lettore
Caro Avvenire,
un paio di anni fa ho regalato a mia nonna novantenne (vostra fedele lettrice) il mio vecchio tablet. Ci ha messo un po’ per prenderci mano, ma nemmeno tanto! Oggi è la sua finestra sul mondo (non esce di casa per l’età e la salute): la tiene in contatto con noi parenti, le fa rivivere i momenti del passato e quelli del presente e poi con il tablet prega! Ha sostituito il breviario, sullo schermo il testo si può ingrandire, ed anche le sue dita impacciate faticano molto meno a girare pagina...
Francesco Collamati
Questa lettera mi ha fatto venire in mente il sogno impossibile che mi si è aperto in mente la prima volta, anni fa, che ho avuto un tablet. Pensa, mi sono detta, poterlo mettere in mano a mio padre, quando era vecchio; pensa, dare questo strumento fantastico a un uomo di 77 anni, che è morto quando i cellulari non esistevano ancora.
Mio padre era un giornalista, e ha passato la vita a raccontare ciò che accadeva in luoghi molto lontani: sempre con l’ansia di non trovare, all’ultimo, un telefono, di non trovare la linea per trasmettere l’articolo al suo giornale. Ansia che diventò negli anni un suo incubo notturno: il pezzo redatto con la macchina da scrivere era pronto, ma la cornetta del telefono era muta.
Ecco, mi sono detta dunque, pensa potergli dire: papà, guarda cosa ti regalo. Con questo puoi vedere, leggere, collegarti, fotografare, telefonare, mandare messaggi, e tutto in un istante. Insomma, papà, con questo strumento grande poco più di un quaderno, guarda, hai il mondo nelle mani. E allora mi sono immaginata la sua reazione, i suoi occhi pensosi, le mani grosse da figlio di contadini che soppesavano quell’oggetto leggero, con stupore. Vedi, si accende così, gli avrei detto, e lo schermo si sarebbe illuminato. Come immagine di fondo gli avrei messo la vecchia casa in cui è nato, a Parma, quella in cui amava tornare dopo tanti giri per il mondo. Poi lo avrei condotto in Google Earth, a rivedere le città e le strade della sua vita; e le Dolomiti che amava, e il passo della Cisa, nell’Appennino, che da ragazzo faceva in bicicletta. Questo è Internet papà, gli avrei spiegato, puoi connetterti con chi vuoi, dove vuoi, ora. Vedere i tg della Cnn e della Bbc, ma anche l’immagine del soggiorno di casa nostra, e i tuoi nipoti. O vuoi guardare le foto e i film di quando noi eravamo piccoli? Eccoli, te li apro in un secondo...
E so che avrei visto nei suoi occhi curiosi e profondi passare una intensa meraviglia, un’incredulità bambina – le grosse mani a valutare stupefatte quanto il tablet sia leggero. Ci avrebbe letto, scoperto, giocato tanto, mio padre, da vecchio, con un tablet. Come la nonna di cui parla il lettore, che lo usa anche come breviario, allargandone i caratteri troppo piccoli per i suoi vecchi occhi. A mio padre non avrei detto: con questo potresti anche pregare, perché in verità non era uno molto pio. Però, chissà. Chissà che cosa non è possibile quando a una persona anziana, ma vivace e curiosa, insegni a usare questo piccolo oggetto digitale, questo leggero meraviglioso specchio del mondo.