Opinioni

Un silenzio che non si può proprio chiedere (o imporre) a un sacerdote

Marco Tarquinio sabato 22 giugno 2019

Caro direttore,

non avendo avuto risposta, torno a scriverle per la seconda volta su una questione che ritengo seria e urgente. Non credo che a noi sacerdoti, dal pulpito, possa e debba essere impedito (per prudenza? quale?) di parlare pubblicamente e informare e far aprire gli occhi ai nostri fratelli cristiani, su fatti importanti e collegati strettamente con la nostra fede. Penso in questo momento alla “reazione” che recentemente in un comizio a Cremona ha avuto un capo politico come Matteo Salvini: di fronte a uno striscione riportante la scritta «Ama il prossimo tuo» ha liquidato la citazione evangelica come frase “comunista”... Parlare di questo, aiutare a capire, non è politica, è azione pastorale.

don Emanuele Candido, Spilimbergo (Pn)


Lei insiste e io, caro don Emanuele, le rispondo. In due modi. Non avevo selezionato la sua lettera per la pubblicazione, perché ho pensato di aver già detto abbastanza sul tema con la mia replica a due lettere pubblicata lo scorso 12 giugno. Ma ammetto di aver sbagliato, lei pone un problema diverso: il dovere di un prete, di un predicatore in casi del genere. Non ho titoli per ragionare a fondo su questo aspetto. Ma capisco che lei è per la serena libertà del sacerdote di mettere su giusti binari la riflessione dei fedeli. Le confido di essere d’accordo, e credo che lei non se ne stupirà. Credo infatti fermamente che nessuno possa immaginare di impedire a un uomo di Dio di spiegare il Vangelo, soprattutto quando esso viene male interpretato e presentato, soprattutto in tempi nei quali si cerca di ingenerare confusione e di alimentare divisioni nelle stesse comunità cristiane. Storie antiche come il mondo e come la Chiesa... Questo è sempre avvenuto e, purtroppo, avviene ancora a causa di regimi illiberali, ma anche in democrazie che soprattutto da qualche tempo qualcuno ha preso a teorizzare (con un pericoloso ossimoro) altrettanto “illiberali”. Potenti (o presunti tali) tentano di addomesticare, usare o distruggere la religione per fini di potere e di controllo sociale. C’è chi lo fa con violenza e disprezzo, e chi invece corteggiando e illudendo. E c’è chi lo fa in modo apparentemente innocente e abile, ma poi, magari, commette errori rivelatori, come quello di prendere una frase-cardine dell’insegnamento di Gesù e liquidarla come uno slogan di partito. In ogni tempo e in ogni luogo c’è comunque chi ci casca. Soprattutto però ci sono tanti sacerdoti – come lei sa meglio di me – ma anche semplici (e ben accompagnati) fedeli che non si adeguano al silenzio o all’allineamento imposti, soprattutto quando sono chiaramente stravolgenti dello sguardo cristiano sulla vita delle persone e del mondo. Per un cristiano, per un cattolico, e tanto più per chi ha fatto la scelta di consacrare la propria vita a Dio, la fedeltà alla Parola che è Cristo è semplicemente... non negoziabile. Molto più di qualsiasi altro principio e valore (che senza di essa può esistere, ma solo con essa è investito da giusta luce). Ho avuto e ho continui esempi di questo, e mi rincuorano. Grazie anche a lei, caro e reverendo amico. Grazie davvero per la sua pazienza e la sua chiarezza.