Maria e la memoria liturgica voluta dal Papa. Un popolo nuovo con la sua madre
«La Madre di Cristo diviene così la grande figura materna della Chiesa Madre» scriveva Gertrud Von le Fort in L’eterno femminino osservando come nel mattino di Penetecoste Maria, per la seconda volta, veniva visitata dallo Spirito Santo. Così quello che si dice della maternità dell’una si può dire della maternità dell’altra.
Era il 21 novembre 1964 quando Paolo VI nel discorso conclusivo della terza sessione del Concilio proclamava, davanti a più di duemila vescovi riuniti in San Pietro, Maria come «Madre della Chiesa». E non era secondario che proprio durante quella seduta nella quale veniva promulgata la costituzione Lumen gentium – dedicata alla Chiesa e i decreti sull’ecumenismo e sulle Chiese orientali – fosse stabilito come «l’intero popolo cristiano rendesse sempre più onore alla Madre di Dio con questo soavissimo nome»: «Madre della Chiesa», cioè di tutto il popolo cristiano, tanto dei fedeli quanto dei pastori. Ciò voleva ribadire che della Chiesa Maria è typus, è il modello.
Voleva perciò proporre il suo esempio da imitare nella fede, nella docilità a qualsiasi stimolo della grazia, nel conformare fedelmente la vita ai comandamenti di Cristo e all’impulso della carità, in modo che tutti i fedeli si sentissero sempre più fermi nel seguire Cristo. «E nello stesso tempo – affermava ancora Paolo VI nel discorso – ardano di più intensa carità verso i fratelli, promuovendo l’amore ai poveri, la ricerca della giustizia e la difesa della pace, come già ammoniva il grande sant’Ambrogio». Figlia di quella Gerusalemme che è nostra madre celeste, Maria è così madre della Chiesa che siamo noi. È la madre del popolo nuovo, è la terra nella quale è stata seminata la Chiesa.
La decisione del Papa non fu affrettata, né improvvisa. Maturò dopo attenta considerazione del dibattito e lunga riflessione, perché questo titolo illumina il senso dell’intima unione di Maria con la Chiesa, dove occupa, in modo eminente e singolare il primo posto. Da allora però, nel corso di mezzo secolo (forse perché non ne era stato poi riscontrato il bisogno?), tra le tante ricorrenze nelle quali lungo l’anno liturgico si celebra la Vergine Maria non è mai stata inserita quella di Madre della Chiesa. Fino a oggi.
Con un decreto della Congregazione per il Culto divino che porta la data dello scorso 11 febbraio, centosessantesimo anniversario della prima apparizione di Lourdes, il Papa ha stabilito adesso che il lunedì dopo Pentecoste la memoria di Maria Madre della Chiesa diventi obbligatoria e sia celebrata ogni anno da tutta la Chiesa. Perché? Perché come è scritto da Francesco in perfetta continuità con il suo predecessore, questo «possa favorire la crescita del senso materno della Chiesa nei pastori, nei religiosi e nei fedeli, come anche della genuina pietà mariana».
Questo è l’unico modo di stare nella Chiesa. «Altrimenti viviamo un cristianesimo fatto di idee, di programmi, senza affidamento, senza tenerezza, senza cuore – come ha detto di recente in un’omelia davanti all’icona della Salus populi romani –, e senza cuore non c’è amore e la fede rischia di diventare una bella favola di altri tempi. La Madre non è un optional, è il testamento di Cristo... Non è galateo spirituale, è un’esigenza di vita. Amarla non è poesia, è saper vivere. Perché senza Madre non possiamo essere figli. E noi, prima di tutto, siamo figli, figli amati, che hanno Dio per Padre e la Madonna per Madre... Il cuore di una madre non si vergogna delle ferite, delle debolezze dei figli, ma le vuole con sé. E la Madre di Dio e nostra sa prendere con sé, consolare, vegliare, risanare».