Opinioni

Analisi. L'attacco alla premier, la censura. Un Paese immaturo si guarda alla tv

Danilo Paolini sabato 20 aprile 2024

Serena Bortone al suo programma “Che sarà”, finito al centro delle polemiche per il monologo di Scurati censurato

Un cittadino italiano mediamente dotato di equilibrio nell’approccio alla storia patria e alle cose della politica avrà avuto un moto d’insofferenza nell’apprendere la notizia del “divieto” di monologo per Antonio Scurati su RaiTre. Avrà pensato: eccoci, come ogni anno, alle polemiche sul 25 aprile, per altro cominciate il giorno prima con la solita (amaramente solita) disputa sulla partecipazione o meno dei rappresentanti della Brigata Ebraica alle manifestazioni organizzate dall’Anpi. Quel cittadino, se fosse un medico, potrebbe formulare una sola, infausta diagnosi per la nostra Italia: immaturità cronica, tale da impedire la serena celebrazione di una data fondamentale come quella della Liberazione dal fascismo e dagli invasori nazisti. Diciamo serena, almeno, se proprio non può essere condivisa.

C’è infatti chi da sempre, nella sinistra che fu comunista e socialista, si appropria della Resistenza e della Liberazione, dimenticando spesso il contributo di cattolici, azionisti, liberali, monarchici, militari italiani e angloamericani. E, sì, della Brigata Ebraica. Poi c’è chi, a destra, ci ripete che il fascismo è finito 80 anni fa, ma proprio non ce la fa a dirsi «antifascista». Non ci riesce. Infine c’è la Rai - il “servizio pubblico radiotelevisivo” che pure tanti innegabili meriti ha avuto nel farci sentire un popolo, almeno un po’ - che è lo specchio fedele di questo Paese immaturo.

Certo, è piuttosto ardito (ci si perdoni l’aggettivo) infilare un attacco diretto alla presidente del Consiglio in un monologo sul 25 aprile, come ha fatto Scurati.Ma è altrettanto ardito sostenere, come ha fatto il direttore dei programmi di approfondimento della Rai, che il problema è stato solo di «natura economica e contrattuale», quando ancora venerdì sera il monologo della scrittore figurava nella scaletta della trasmissione “Che sarà”. Il direttore è lo stesso che quattro mesi fa, sul palco di Atreju a Roma, aveva detto «Noi di Fratelli d’Italia...», precisando poi di aver parlato in veste di «militante» del partito di Meloni.

A questo punto il cittadino mediamente dotato di equilibrio sta scuotendo la testa. Difficile convincerlo che la Rai sia immune dall’orientamento politico di chi governa. Ma anche che non lo sia soltanto da oggi.