Obbligo alla speranza. La giovane Janine, il calciatore Giovanni: vita, lotta e morte
Giovanni Custodero non ce l'ha fatta. Il 27enne portiere del Fasano di calcio a 5 si è spento nella notte tra sabato e domenica a causa di un tumore alle ossa di cui era malato da tempo.
Storie diverse, in luoghi lontani, che hanno però una matrice comune nell’età dei protagonisti. E nel destino comune. Una fine prematura, nel pieno della gioventù, quando per gli altri sbocciano la vita e i progetti di futuro. Due ragazzi, due storie che rinnovano l’interrogativo più intimo, quello radicato più a fondo: perché la vita deve scontrarsi con il dolore? Perché dobbiamo soccombere alla morte? Janine Benecke, 22 anni, è una delle 7 vittime del terribile incidente del 5 gennaio scorso accaduto nella Valle Aurina, per mano di Stefan Lechner. Il ragazzo, ubriaco, ha investito un gruppo di studenti tedeschi con la sua auto. Un incidente automobilistico che ha assunto la dimensione della strage. Janine era una studentessa di ingegneria di Bochum, la sua vita aveva già fatto i conti con il dolore, quello di una malattia. Linfoma di Hodgkin. Nel 2014, Janine scopre di avere il cancro, seguono diversi cicli di chemioterapia, alla fine, dopo tanto lottare, la ragazza riesce ad avere la meglio, a sconfiggere la malattia. E ne parlava al mondo Janine, attraverso i suoi social, attraverso la sua testimonianza. Perché quando si fronteggia, e sconfigge, il male si vuole raccontare a tutti che la battaglia si può vincere. Lei ce l’ha fatta, ha sconfitto il cancro, ma niente ha potuto fare di fronte alla macchina di un suo coetaneo. Un destino beffardo, inesorabile.
L’altra storia è quella di Giovanni Custodero. Giovanni ha 27 anni, da 5 lottava contro un sarcoma osseo. Un passato da portiere di calcio a 5, nel Fasano. Diversi gli interventi chirurgici, come i cicli di radioterapia. Alla fine la malattia ha avuto la meglio. Lo scorso 6 gennaio, a poche ore dalla morte tragica di Janine, Giovanni ha scritto ai tanti amici sparsi per l’Italia che non riesce più a convivere con il dolore fisico, la sofferenza. Da qui la decisione di essere messo in sedazione palliativa profonda. Ha salutato tutti, ha gridato un’ultima volta che la vita va amata, sempre e comunque, perché ci può chiedere tanto, ma è di una bellezza da togliere il fiato.
Janine e Giovanni, 22 anni lei, 27 lui. E quella domanda piantata nel petto, che tutti dobbiamo tenere viva nel cuore, per non morire in vita. Perché la morte? Perché il dolore? La risposta appartiene alle stelle. A noi spetta il sentimento più duro da coltivare, perché lasciarsi andare al nulla è una tentazione forte, fortissima. La speranza. La speranza che il dolore di Janine e Giovanni sia stato alleviato, tolto per sempre, che i loro sorrisi di ragazzi siano stati sanati restituiti alla gioia. Belli per quanto belli erano, saranno. Sperare che siano insieme agli altri, all’opposta riva, e che ci stiano guardando, proprio ora, pieni di compassione per noi che ancora non siamo nella luce. Chissà, magari mano nella mano.