Per chi scappa, per chi è rimasto. Un mare di ultimi e tanti bambini
Scappano. A piedi, le donne con i bambini attaccati alle gonne. I più grandi le seguono, seri in volto, di colpo adulti, muti. Un padre ha una bambina vestita di rosa in un marsupio, e nelle mani sacchi di plastica gonfi di pentole e coperte. Scappano, ma scappano dove? Si ammucchieranno in centinaia di migliaia nei rifugi dell’Unrwa, l’Agenzia Onu per i Rifugiati. 24 ore per lasciare la casa e ogni cosa, trascinandosi via i figli, una folla di bambini – il 40 % della popolazione di Gaza ha meno di quattordici anni. 24 ore, ripete Israele. E chi ha potuto è fuggito, mentre la radio di Hamas ingiungeva: «Dovete restare». Restare a morire da martiri.
Ma la colonna in marcia verso sud è inarrestabile. La metà giovane di Gaza cerca una via di scampo. I terroristi, probabilmente, sono fuggiti da giorni. Chi resta? I malati negli ospedali, dice l’Oms, gli intrasportabili. I vecchi. In quei palazzi mezzi sventrati, ai piani alti, senza corrente, l’ascensore fermo, non sarà rimasto qualcuno? Con il cellulare scarico, nello stabile deserto. Solo Dio vede gli ultimi di Gaza, i lasciati indietro, i rubinetti senza più acqua. Già, l’acqua manca, e si saccheggiano i negozi, è oro una cassa di acqua - ma quanto pesa. E hanno già un bambino in braccio, e dov’è l’altro, quello di quattro anni? 500 bambini di Gaza sono già morti sotto ai bombardamenti. Bambini anche fra i 130 ostaggi catturati da Hamas nella Striscia, chissà dove.
In queste ore però sul web incontri le foto di altri bambini, i piccoli dei kibbutz, i neonati volutamente massacrati, in un accecamento come di Erode. Uno con il petto e il pannolino crivellato di colpi, avrà forse otto mesi. Di due altri intuisci che erano bambini, ora sono grumi carbonizzati. Molto piccoli.
Netanyahu ha postato sui social quelle foto che inchiodano: questo ci hanno fatto, guardate, dice Israele. E il mondo capisce che non potrà non esserci una reazione durissima. In quelle immagini la impronta netta di una volontà di genocidio. Come orme di lupi che si credevano scomparsi. È inesorabile, la vendetta di Israele. Quindi, bambini morti, e altri condannati. La morte vuole altra morte. Erode ancora, ma pianificato da qualcuno a tavolino, ben sapendo che l’effetto sarebbe stato intollerabile. Che quelle foto suscitano una viscerale rabbia, anche nei miti, trascinando il Medio Oriente sull’orlo di una guerra.
Migliaia di giovani israeliani dall’Europa, dagli Usa sono arrivati a Tel Aviv, abbandonando scrivanie, fidanzate, belle case e happy hour, e ora sono alle porte di Gaza, i mitra a tracolla. Le immagini del 7 ottobre sembrano quelle dei pogrom, in bianco e nero nei libri di scuola. Sono tornati. Non si può stare a guardare. A Gaza, dunque. Ma se dai droni si ingrandissero le immagini della città già devastata si vedrebbe la moltitudine che scappa, già miserabile con quelle valigie di piombo. (Già miserabile, chi non ha più una casa). Si vedrebbero, anche, negli ospedali, i malati senza ossigeno, e i prematuri nelle incubatrici, i loro petti di agnelli su e giù, affannosi, affamati di aria. Si vedrebbero gli invalidi agli ultimi piani dei palazzi vuoti, solo il cane accanto. Se si potesse vedere cosa, chi resta indietro a Gaza dopo l’ultimatum, si vedrebbe un mare di ultimi.
E tanti bambini, come “quei” bambini dei kibbutz. Allora forse, vedendo, qualcuno dei giovani soldati ai confini di Gaza, ammutolito, metterebbe giù il mitra. Riconoscendo nei figli del nemico i propri. Ma dubitiamo che accadrà. I droni spiano dal cielo, le decisioni vengono dall’alto, il sangue chiama sangue: e Israele, la terra promessa, è orrendamente ferita. Anche noi: chiunque guardi quel neonato deliberatamente massacrato, ne è lacerato. Si sta come sull’orlo di un abisso. Nella terra in cui è nato Gesù Cristo è stata immessa una dose di violenza deflagrante. Mai, nemmeno l’11 settembre, ti sei sentita così colpita nel profondo, così vicino alle tue radici. Trattieni il fiato, vorresti potere pregare per tutti. Per i padri, le madri, al di qua e al di là di quella frontiera. Per chi scappa. Per chi è rimasto, mentre si fa notte.