Servizio civile. Un forte servizio che aiuti a prevenire i mali
Caro direttore, sono fra il firmatari dell’appello pubblicato dal suo giornale per incrementare e organizzare con più consapevolezza il Servizio civile. E penso sia sacrosanta l’idea di definire nazionalmente la formazione di base necessaria a tutti i giovani in servizio – la Costituzione, la cittadinanza solidale, la pace e la non violenza –, e le priorità a cui rispondere da parte di tutti gli organismi, pubblici e del Terzo settore, che attivano il Servizio civile universale. Proprio delle priorità vorrei parlare. Vedo un rischio. Che il disastro della pandemia, dalla cui fase più acuta siamo forse usciti, le ricorrenti alluvioni, frane, sciagure che si abbattono sul nostro territorio, e che hanno visto l’impegno di tanti giovane volontari, diano del Servizio civile una dimensione sostanzialmente riparatoria, quasi una forma di protezione civile allargata.
Cosa utile e necessaria, ma che risponde solo parzialmente al diffondersi fra i giovani e non solo della consapevolezza crescente che all’origine dei disastri c’è il riscaldamento climatico e il saccheggio del territorio. E allora mi piacerebbe un Servizio civile che spostasse dalla riparazione alla prevenzione del danno il suo focus. Il risparmio energetico, le comunità territoriali che superano anche con l’autoproduzione l’uso delle fonti fossili di energia, il contrasto alla cementificazione del suolo, la mobilità intelligente e non inquinante, la salute degli animali e degli alberi potrebbero essere le attività centrali del servizio civile. Passare cioè dall’immagine dei giovani volontari come 'angeli del fango' a quella degli 'angeli del sole e del vento', per impedire che nuovo fango e nuovi virus si abbattano su di noi. La seconda priorità è l’istruzione. La formazione a distanza durante la pandemia ha messo a nudo la difficoltà della scuola di essere davvero inclusiva. La riapertura a settembre non può essere la pura e semplice ripresa della scuola di prima. Saranno certamente necessari investimenti in strutture e personale con cui lo Stato dimostri davvero l’istruzione è una priorità per il Paese. Ma anche con personale aumentato e stabilizzato - il precariato è infatti l’ostacolo più grosso al corretto funzionamento dell’autonomia scolastica - la scuola da sola non è in grado di rispondere alle disuguaglianze, alle difficoltà di apprendimento dei bambini e dei ragazzi delle famiglie più povere di reddito e d’istruzione, specialmente quando che provengono da Paesi e culture diverse. Ci sarà bisogno di un esercito di giovani maestri dai 'piedi scalzi' che vadano in giro per le periferie e per i Paesi, a guardare in faccia a uno a uno i ragazzi in difficoltà, a camminare sulle loro stesse strade e entrare nelle loro case. In stretto rapporto con la scuola, ma capaci di fare quello che la scuola da sola non può fare. Servitori civili appunto, attivati direttamente dai comuni o coordinati dagli stessi quando il servizio è attivato dal Terzo settore, e in strettissimo rapporto con le scuole. Di fronte all’emergenza educativa l’intera comunità territoriale deve farsi comunità educativa, mettendo a disposizione delle scuole l’insieme delle risorse educative presenti nel territorio. A partire dalla risorsa più preziosa, i suoi cittadini disposti a mettersi al servizio della priorità della scuola per il futuro del Paese.
Ad essi si potrebbero accompagnare i giovani studenti in alternanza scuola-lavoro. Le esperienze più avanzate di recupero della marginalità educativa ci dicono che i ragazzi più grandi e più consapevoli – Barbiana insegna –, sono i più capaci di aiutare chi è in difficoltà. Del resto se siamo convinti che il lavoro di cura sarà sempre più importante nel modo che ci aspetta, educare al lavoro di cura può essere la mission migliore per la stessa alternanza. Per ultimo una avvertenza sull’uso del Servizio civile per la valorizzazione dei beni culturali. Non si può proclamare questo obiettivo senza denunciare il fatto che oggi migliaia di giovani archeologi, archivisti, bibliotecari, storici dell’arte educatori museali, giovani che hanno studiato per dedicare alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale la loro vita, sono disoccupati o lavorano maniera precaria, intermittente, sottopagata. Anche qui il richiamo al Servizio civile deve essere accompagnato da un intervento massiccio per assumere in maniera regolare chi in questo settore opera già. L’associazione 'Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali' ha lanciato la proposta di un Piano Nazionale per la cultura che prevede di fissare Livelli essenziali di prestazione a livello territoriale per i sevizi culturali, e i livelli occupazionali necessari per realizzare questo obiettivo. Se il Servizio civile deve servire anche a formarsi in vista di un lavoro futuro, questo lavoro deve prima di tutto esserci ed essere dignitosamente impiegato e remunerato.