Opinioni

Filmati suicidi e dintorni. Un bel prodotto che tira, la morte, oggi

Davide Rondoni venerdì 12 dicembre 2008
Sky lives ha fatto il colpaccio. S’è inserita con maestria, se così si può dire, nel nuovo grande e tetro mercato che s’è aperto: il mercato della morte. Ha filmato l’eutanasia. Una cosa fatta a regola d’arte. Mica quelle robacce dei suicidi disperati e patetici fatti in casa e mandati su You Tube. Qui hanno seguito le regole della grande tv. Questo giornale ha già raccontato di come il professor Craig Ewert abbia acconsentito che la rete tv del magnate Murdoch riprendesse la sua agonia in una clinica svizzera dopo che, con un morso, aveva staccato il macchinario che lo aiutava a vivere, pur se affetto da una forma grave di sclerosi. Non so se hanno contrattato pure spazi pubblicitari prima e dopo il grande scoop. Il regista ha avuto la delicatezza di informare l’opinione pubblica che i suoi uomini della troupe, dopo lo scoop, hanno subito uno stress post traumatico. Ecco, uno crepa davanti alle loro telecamere e loro si stressano. Poverini. Ma sono le regole dure del mercato, no?Di fatto c’è che la morte è un prodotto nuovo sul mercato. Sul mercato delle idee e sul mercato vero e proprio. Almeno inteso come una specie di prodotto "neutro", che in fondo in fondo non è nemmeno così male. Come se tra vita e morte non ci fosse una gran differenza, l’importante è che uno scelga cosa ritiene meglio per sé. E se ha problemi seri, in fondo la morte rappresenta una soluzione decente. Stiamo assistendo a una vera e propria "propaganda mortis". Niente a che vedere con le impacciate e a volte colorite reclame di pompe funebri che costellano città e paesi italiani con effetti a volte esilaranti. No, qui è tutto cupo, untuoso, lacrimevole. E spietato. Lo vediamo anche nel caso della povera Eluana. Con quale voluttà molti media indugiano sulla cosa senza forse rispetto autentico e senza affrontare i nodi veri del problema. Addirittura con strano giubilo per la sua fine. Una vera e propria "propaganda mortis". Che è supportata dalla moda di film su giovani vampiri, su morti più o meno viventi. Ma al di là del folklore o addirittura del kitch, che pure influenzano gusti e pensieri tra i più giovani, spesso con risvolti drammatici, è forte l’impressione che la morte "tiri" parecchio, che l’epoca in cui viviamo la blandisca e la corteggi con una riverenza e uno strano godimento. Tanto spettacolarizzata pubblicamente, esibita, stravista, quanto vissuta privatamente in una cieca disperanza. Ci fu un tempo, insegnano gli storici, in cui la morte era un evento vissuto in una dimensione anche "pubblica" della quale resta traccia in certe consuetudini di feste o pranzi in occasione di funerali, e in alcune zone del mondo in feste dei morti che assumono carattere carnevalesco e sacro popolare. Ma nella nostra attualità accade, invece, che accanto a propaganda e spettacolarizzazione idiota domini un sentimento di disperazione privata, di ferita individualissima e immedicabile. Insomma, una disperazione personale attorniata da una formidabile "propaganda" della morte. Certo, si ha così una specie di moderno esorcismo. Ma avanza anche, sottilmente, una erosione della supremazia della vita sulla morte, un livellamento del valore dei due fenomeni. Il che è la preoccupante maschera di quel nemico dell’uomo che si chiama in termini astratti nichilismo, ma che è una forza concreta e operante tra noi.