«Un attacco nucleare cancellerebbe chi lo conduce». No, tutti noi
Gentile direttore
sono molte le valutazioni sbagliate circa l’uso delle armi atomiche, ma la più importante è quella che non considera le conseguenze di questo atto. Non ci sarebbe infatti la resa immediata dell’avversario, che dovrebbe rimanere annichilito dalla paura, ma la reazione con un arsenale di armi che porterebbe all’annientamento quantomeno dell’aggressore. Quindi chi usa l’arma atomica sancirebbe la propria fine, e chi dice il contrario è soltanto un pazzo esaltato che crede di celebrare la potenza e la grandezza di un megalomane irresponsabile privo di intelletto. Nel 1945 il Giappone si arrese semplicemente perché non aveva più armi con le quali combattere, e l’uso della bomba atomica fu marginale rispetto alle distruzioni inflitte dai bombardamenti convenzionali. Quindi le considerazioni sulle armi nucleari sono spesso sbagliate e fuorvianti, e purtroppo continuano ancora ad alimentare un dibattito confuso e inconcludente che genera incredibili equivoci.
A essere sbagliate non sono «molte», bensì tutte le valutazioni che inducono a concepire l’uso delle armi nucleari. Insomma, siamo lei io, gentile signor Martorella, a essere d’accordo su molto ma non su tutto a questo proposito. Il ricorso alla Bomba – anche quella definita “tattica” – non annienterebbe solo una parte, non è una minaccia relativa, è una minaccia assoluta che metterebbe in questione l’intera umanità. È stato così nel 1945 in Giappone quando deteneva l’«arma finale» una sola parte e la utilizzò per due volte, come si argomentò, «contro la guerra», lo è ancor di più oggi, con arsenali nucleari pericolosamente a disposizioni di diversi Stati, molti dei quali non dimostrano affatto di voler custodire la pace. Ci serve tutto tranne che l’illusione che l’atomica riguardi solo alcuni e una devastante dimostrazione che, in fondo, si può anche usare. Non si può e non si deve, e basta.