Opinioni

Sbarchi e quote. Immigrati, in Europa un accordo piccolo ma non da buttare

Paolo Lambruschi sabato 27 giugno 2015
L’Europa non c’è. I suoi egoismi e le sue miopie sì. Lo conferma l’accordo piccolo piccolo sulla gestione delle 'migrazioni per forza' verso il Vecchio Continente. Se in due mesi (e in una notte di furibonda di discussione) si è convenuto che appena 40mila dei profughi e migranti sbarcati in Italia e in Grecia verranno suddivisi in 24 mesi nei Paesi Ue 'che ci stanno' con criteri da definire entro fine luglio, è chiaro che l’Unione non è in grado di prendere una decisione giusta, forte e chiara. Si pensi che solo lo scorso anno in Italia sono sbarcate 170mila persone. Eppure l’accordo di ieri non è nemmeno da buttare, visto il clima di paura e xenofobia creato ad arte in tutta la Ue da chi specula sulla pelle dei migranti. Di questi tempi, a quanto pare, le ragioni umanitarie non portano consensi elettorali... Una contraddizione che si è manifestata nella stridente divisione culturale e politica emersa in queste ore tra i Paesi dell’Est e dell’Ovest – più ancora che tra quelli del Sud e del Nord.  Un quadro contraddittorio e paradossale. Molti Paesi orientali forniscono infatti migranti al resto dell’Ue. Non dimentichiamoci il milione di romeni che vivono in Italia o il famoso idraulico polacco che ha fatto guadagnare consensi all’Ukip in Gran Bretagna come emblema dello straniero che ruba lavoro e servizi di welfare agli 'indigeni'. Oltretutto dai Paesi dell’Est europeo, così chiusi e restii ad accogliere, fino a un quarto di secolo fa partivano i rifugiati cui l’Ovest offriva asilo. Dovrebbero essere i più solidali, tanto più che avrebbero accolti pochi dei nuovi arrivati, invece il loro 'niet' ai migranti è stato un ostacolo insormontabile.  Altro punto debole è la netta distinzione – senza senso nel mondo attuale – tra 'richiedenti asilo' (siriani ed eritrei) da accogliere e 'migranti economici' (tutti gli altri) da respingere. Non ci sono migranti di serie A e di serie B come l’esito del vertice lascerebbe intendere. Sul piano concreto, cosa distingue un eritreo in fuga da un regime oppressivo e da uno stato caserma da un nigeriano scappato dalle bombe e dai machete di Boko Haram o da un siriano terrorizzato dall’Is? Infatti proprio l’Italia che vanta regole tra le più avanzate, oltre all’asilo contempla altre forme di protezione dei migranti come quelle – provvisorie – sussidiaria e umanitaria per chi, tornando in patria, rischierebbe la vita (i cristiani nigeriani ad esempio).  Come ha spiegato il ministro dell’Interno Alfano, dall’inizio dell’anno sono 59mila i migranti entrati via mare in Italia: nel 25 per cento dei casi si tratta di eritrei, seguono i nigeriani (10 per cento), i somali (9 per cento) e i siriani (7 per cento). Da gennaio, inoltre, sono state presentate 22mila domande di asilo, ma lo status di rifugiato è stato concesso solo nel 6 per cento dei casi, la protezione sussidiaria nel 18 per cento, mentre i permessi umanitari sono stati concessi al 25 per cento dei migranti. Dunque la maggior parte delle persone accolte sul territorio italiano non sono 'rifugiati' in senso stretto. Chi verrà rimpatriato e chi verrà 'distribuito', allora? Occorre chiarezza. Altro punto che andrà chiarito, i diritti delle persone che verranno portate nei nuovi centri, gli hotspot di prima accoglienza e gli hub  per chi attende risposta. Restano almeno due punti chiari. Un piccolo passo, riconosciuto anche dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, c’è stato. Se prima il problema era solo italiano e greco, ieri è finalmente passato il principio che è europeo. Resta, invece, il muro di Dublino, anche se qualche crepa inizia ad aprirsi con la redistribuzione dei 40mila. E sullo sfondo c’è il problema principale di un’identità europea smarrita davanti alla rivoluzione migratoria che sta cambiando il mondo. Non ci sono mai state così tante persone in fuga nel globo sconvolto e noi europei stiamo a guardare chiudendoci in vecchie logiche. Senza una strategia, senza visione e responsabilità.