Il male ci fa male. Sempre. Soprattutto quando a commetterlo non è un nemico, ma l’uomo che ami, il padre della tua bambina. A Licola, nel Napoletano, un uomo di nazionalità ucraina, Volodymir Havrylyuk, ha ammazzato la moglie e la figlioletta di 4 anni a colpi d’ ascia, poi ha tentato il suicidio. È morto ore dopo in ospeale.Che cosa sia avvenuto in quella villetta in riva al mare non è dato sapere. Ritorna il male brutto come un mostro. E ritornano alla mente le parole che Papa Francesco ha pronunciato nei primi giorni dell’anno, commentando il prologo di san Giovanni: «Il male è “accovacciato davanti alla nostra porta” ». Il “male accovacciato” sta a dire che il nemico nostro e di Dio tenta sempre di ingannarci, di alienarci, di rubarci il meglio della vita. E ci abbaglia la vista, ci annebbia la mente, ci offusca l’intelligenza. La nostra è una guerra che si combatte nei “luoghi celesti”. Bisogna ritornare a riflettere sul mistero del male. Le scienze psicologiche, la medicina, la psichiatria, la sociologia certamente ci aiutano a capire che cosa avviene nei meandri della nostra mente. Più in là non potranno spingersi. “Guai a noi se lo lasciamo entrare; sarebbe lui allora a chiudere la nostra porta a chiunque altro”, ha continuato il Papa. Guai a noi. Oggi abbiamo quasi timore ad esprimerci con la stessa chiarezza. “Il fine è il primo nella mente e l’ultimo a essere raggiunto”, scrive san Tommaso d’ Aquino. È vero. Occorre aver chiaro che cosa si intende realizzare, per che cosa si vuole vivere. Il male bisogna allontanarlo, condannarlo, evitarlo con tutte le nostre forze. Dialogare è un’arte. Convivere è un’arte. Amare è un’arte. Un’arte che si apprende lentamente. Con tanta pazienza, intelligenza, buona volontà. “Ho fatto un guaio”, ha detto Volodymir ai carabinieri. Oh, se solo potesse tornare indietro! Sono convinto che farebbe salti di gioia. Che metterebbe in atto ogni possibilità per risolvere “quel problema” che gli era sembrato insormontabile. Magari direbbe a Marina, la sua donna: «Per adesso lasciamo perdere e andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia… poi portiamo Katia alle giostrine e andiamo a mangiare una pizza… ne riparliamo questa sera… ». Sono certo che l’immagine della bambina felice sul trenino avrebbe sgonfiato tutto. Che il demonio sarebbe stato svergognato. Purtroppo indietro non si torna. “La Parola è la luce, eppure gli uomini hanno preferito le tenebre; la Parola venne tra i suoi, ma essi non l’hanno accolta”, ha concluso il Papa. Perché mai? Come è possibile desiderare le tenebre alla luce? Come è possibile dire a Gesù che bussa alla porta del cuore: «Sto bene così, te ne puoi andare»? Non lo so. So solo che l’ uomo non basta a se stesso. Che nessuno è autosufficiente. Che il nostro cuore, smisuratamente grande e miserabile, ha bisogno di amare e di essere amato. Non è facile prendere qualcosa di tuo e donarlo ai poveri. Gesù, però, ce lo ha chiesto. Non è facile perdonare chi ti ha umiliato, ti ha calpestato, ti ha ucciso il figlio. Gesù, però, ce lo ha chiesto. Non è facile essere fedele alla stessa donna per tutta la vita. Gesù, però, ce lo ha chiesto. E non per farci soffrire. Al contrario, perché nella fedeltà, nella perseveranza, nel sacrificio, nella condivisione si nasconde la gioia più profonda e il senso della vita. Volodymir ha spalancato la porta al male e il male lo ha avvinghiato. Dal male è stato risucchiato. Il male ha stroncato la vita della sua compagna e della figlioletta tanto amata. Il male ha fatto tanto male a lui e a tutti quanti noi. Francesco ci ha invitato più volte a leggere il Vangelo. Facciamolo. È Parola che salva. Che ci rivela chi è Dio e chi siamo noi. Che ci insegna a vivere e a sperare. A pregare e perdonare. A volere sempre il bene e rigettare con tutte le nostre forze il male.