Ucraini, russi e la Via Crucis. Sì, insieme al Figlio crocifisso
Se neanche davanti alla croce di Cristo, nel Venerdì Santo, allora dove?
Dove i russi e gli ucraini, fratelli per storia e fede, e ora in feroce guerra perché il fratello ha aggredito il fratello, possono chiedere a Dio con una sola voce: «Liberaci dal male»?
Eppure uomini di diplomazia e persino uomini di Chiesa ragionano sull'inopportunità che a Roma, seguendo Gesù nella salita al Calvario e accanto al Papa che a tutti e per tutti continua a chiedere tregua e pace, si intreccino le voci di una famiglia ucraina e una russa che sono parte del gruppo a cui Francesco ha affidato i testi della Via Crucis al Colosseo.
Si preme perché queste famiglie, amiche e ferite dalla guerra e dall’odio che la guerra sempre genera e alimenta ma non preda dell’odio, non meditino e non preghino insieme davanti agli occhi del mondo. Bisogna inchinarsi a ogni dolore e a ogni dubbio scatenati dal massacro d’umanità che la guerra, stavolta questa «abominevole» accesa da Vladimir Putin, sempre ricomincia. Ma nessuno dovrebbe arrivare a pensare che è inopportuno che i cristiani s’inchinino insieme, davanti al Figlio crocifisso e chiedano, a Lui, la pace che noi quaggiù non sappiamo fare.