I piccoli, i nostri articoli, la Cpi. Guerra, madre dei crimini
C’è un giudice a L’Aja, anzi c’è un procuratore. E si chiama Kharim Khan. È il pubblico ministero che al termine delle indagini preliminari ha ottenuto dalla Corte penale internazionale (Cpi) un mandato d’arresto altrettanto internazionale a carico del presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, e della sua plenipotenziaria “per i diritti dei bambini”, Maria Lvova-Belova. Il capo d’imputazione è pesantissimo: aver deciso e organizzato la deportazione criminale di piccoli ucraini verso la Russia. I lettori di “Avvenire” conoscono bene questa triste storia, atrocità terribilmente incastonata nella seconda fase della guerra gemellicida d’Ucraina, perché ne scriviamo esattamente da un anno: dal 22 marzo 2022. Un reportage di Nello Scavo intitolato «Ucraina. Stupri, saccheggi, deportazioni: ecco le prove dei crimini di guerra», a cui sono seguiti molti altri articoli lungo i dodici mesi di un conflitto che doveva e poteva essere evitato e invece è in escalation continua ed annovera, tra le vittime, anche 16mila bambini e bambine “prelevati” dalle forze di occupazione russe (appena 307 sono stati restituiti alle famiglie di origine). Ancora pochi giorni fa, il 13 marzo scorso, all’unisono con il “New York Times”, abbiamo dato conto del perfezionarsi del durissimo capo di imputazione a carico del leader del Cremlino.
Il colpo esplode giusto alla vigilia della missione diplomatica tra Mosca e Kiev del presidente cinese Xi Jinping. Ma sarebbe assurdo parlare di “giustizia a orologeria”. Bisognerebbe piuttosto parlare di un miracolo, di un tremendo miracolo. Perché ancora una volta, in questa guerra, si prova finalmente a chiamare i fatti di guerra con il loro nome: crimini. Crimini e non più danni collaterali o qualche altro insostenibile eufemismo. E qui lo si fa formulando anche un addebito preciso e spiccando mandati d’arresto che non tutti nella società globale riconoscono come validi, perché l’istituzione e l’autorità della Cpi non vengono accettate da una trentina di Stati e tra questi proprio la Russia insieme a Stati Uniti d’America e Cina, eppure questi atti solenni a tutti impediscono di chiudere gli occhi e a tutti parlano con chiarezza. Come invece quasi mai si sa fare con la stessa immediatezza di fronte a crimini analoghi e persino più feroci: basti citare la piaga dei bambini-soldato, purtroppo sempre aperta in diverse parti del mondo e soprattutto in martoriate aree d’Africa.
L’accusa formale a Vladimir Putin è, dunque, di aver agito e di ancora agire da «ladro di bambini». La leadership di Mosca, anche con estrema volgarità, la rigetta. Ma è indubbio che il mondo nel quale il “nuovo zar” vorrebbe ricollocare la sua Russia come grande potenza e pilastro di un nuovo-vecchio ordine bipolare si è fatto di colpo per lui ancora più piccolo. Sono 123 le nazioni dove Putin non potrà mettere piede. E non si tratta di una tigre di carta, come ricorda a ogni prepotente l’arresto per crimini contro l’umanità dell’ex dittatore cileno Augusto Pinochet, avvenuto a Londra nel 1998, qualche anno prima dell’Istituzione della Cpi e in forza di un mandato spiccato sulla base di una Convenzione internazionale (contro la tortura).
Il mandato d’arresto dunque pesa, e peserà forse anche sulla “trattativa impossibile” e che pure, prima o poi, meglio prima che poi, ed è già troppo tardi, verrà tra le parti in guerra in terra d’Ucraina. Potrebbe persino renderla un po’ meno impossibile. Ma questo non consente di considerare meno insopportabile ciò che motiva quel mandato e la guerra che del furto di bambini è teatro.
Le responsabilità dirette del presidente Putin e della sua stretta collaboratrice dovranno essere dimostrate, ma è già certo che l’accusa ha una straziante base di realtà, quella di cui scriviamo, tenacemente, da un anno, mentre con la stessa tenacia offriamo ricostruzioni, documentazioni, analisi e opinioni perché si generi un movimento di opinione pubblica capace di sollecitare e accompagnare gli sforzi diplomatici tesi a negoziare la pace. E, per cominciare, a fermare con un cessate-il-fuoco il massacro in corso e nequizie come il rapimento, la strumentalizzazione e la “rieducazione” di bambini. La guerra è crimine e madre di crimini.