Opinioni

Ucraina. Guerra giorno 62: irrompe l'incubo Terza guerra mondiale, la crisi si complica

Andrea Lavazza martedì 26 aprile 2022

Nel 62° giorno di conflitto, risuona sinistra l'espressione “Terza guerra mondiale”. La si evoca per scongiurarne l'avvio. Lo fanno sia i russi sia coloro che sostengono attivamente l'Ucraina, in modo esplicito o implicito. Proprio nelle ore in cui arriva al Cremlino il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, i toni si accendono e l’escalation sembra essere ancora più minacciosa. Il ministro degli Esteri di Mosca, Serghei Lavrov, fa balenare lo spettro di uno scontro allargato come possibile ritorsione alle forniture di armamenti occidentali.

Alle sue parole si sono già affiancate le operazioni sul campo, con i bombardamenti degli snodi ferroviari a Ovest e i nuovi colpi sulla zona di Leopoli, mirati a fermare gli approvvigionamenti in ingresso dalla frontiera occidentale. Hanno poi contribuito a fare salire la tensione le dichiarazioni provenienti dal governo britannico, secondo le quali le armi concesse da Londra alla resistenza di Kiev possono essere utilizzate legittimamente – meglio, con il consenso inglese – per colpire obiettivi della catena logistica anche all’interno dei confini russi. Si tratterebbe, com’è evidente, di un pesante salto di qualità del conflitto. Sarebbero messi nel mirino soltanto depositi e basi, non infrastrutture civili, ma ugualmente il rischio di danni collaterali resterebbe alto. E, in ogni caso, anche l’eventualità che la rappresaglia salga di livello diventerebbe concreta.

Nella stessa direzione di un coinvolgimento indiretto sempre più forte nella guerra è arrivato, in contemporanea agli ultimi fatti, l’annuncio dalla Germania del sì alla concessione di un centinaio di carri armati Leopard, mentre alcuni droni avrebbero già preso la via del fronte nel Donbass. Manca ancora l’ultimo sì formale, ma saremmo di fronte a una svolta nell’atteggiamento del cancelliere Olaf Scholz, finora il più riluttante tra i leader dei grandi Paesi occidentali a dare il via libera all’ulteriore riarmo di Kiev. Intanto, a Ramstein, sempre in Germania, si riunivano una quarantina fra ministri della Difesa del fronte occidentale per decidere come continuare a sostenere le Forze armate ucraine davanti all’offensiva russa nell’Est. Il capo del Pentagono, Lloyd Austin, ha coordinato il vertice, che diventerà una consultazione mensile, altro segno del probabile prolungamento delle ostilità.

A Mosca, di fronte a questo scenario in evoluzione, Guterres non ha potuto ottenere per ora risultati significativi. L’idea di un gruppo di contatto Onu, Russia e Ucraina è sul tavolo, così come la proposta di istituire efficaci corridoi umanitari nelle zone dei combattimenti e di creare un pool indipendente per indagare sui presunti crimini di guerra dell’Armata che ha invaso il Paese fratello. Da parte del Cremlino non si sono viste aperture, soltanto il ripetersi di un colloquio a distanza di metri tra lo Zar e Guterres, seduti alle due estremità del lungo tavolo bianco. Ribadite le condizioni sulla Crimea e il Donbass, da riconoscersi come pienamente autonomi. L’ora del negoziato sembra pertanto allontanarsi allorché le due parti stanno mettendo sul terreno più mezzi e cercano di prevalere sull’avversario basandosi soprattutto sulla forza di fuoco che riescono a sviluppare.

Soltanto dalla Cina arrivano segnali più distensivi. Pechino afferma di non volere una Terza guerra mondiale e chiede alle due nazioni belligeranti di esplorare la via diplomatica. Pechino possiede certamente il peso politico ed economico, in particolare su Mosca, per imporre un negoziato che non sia soltanto di facciata. È possibile che la leadership cinese stia valutando in modo diverso, rispetto all’inizio del conflitto, l’andamento della crisi. In una prima fase era plausibile pensare che l’invasione avrebbe diviso e indebolito l’Occidente, circostanza gradita a Xi Jinping. Il prolungarsi della guerra, tuttavia - con la coalizione di Paesi unita agli Stati Uniti di fatto impegnata a fianco dell’Ucraina - rischia di minacciare il sistema globale su cui la Cina attualmente basa la sua prosperità e di cui per ora non può fare a meno. Ciò non vuol dire che abbandonerà le parti della Russia per assumere una nuova neutralità. Potrebbe lavorare per una tregua e un congelamento del conflitto, al fine di scongiurare un’estensione dei combattimenti ma lasciando aperta una situazione scomoda per tutti e non troppo penalizzate per l’alleato Vladimir Putin.