Ucraina. Guerra giorno 44, nuove stragi e il peso delle opinioni pubbliche sui governi
Nel 44° giorno di guerra in Ucraina un'altra spaventosa strage segna l'escalation della violenza e della brutalità contro i civili inermi. Non c'è dubbio sui "bersagli" dell'eccidio di Kramatorsk, dove la stazione ferroviaria è stata colpita da due missili provocando almeno 50 vittime e più di cento feriti. Scambio di accuse invece sulla paternità degli ordigni lanciati sulla zona. Le migliaia di persone ammassate nello scalo e nei dintorni sono residenti della parte della provincia di Donetsk, nel Donbass, ancora sotto il controllo ucraino. Nel timore di un'imminente offensiva di Mosca e dei separatisti filorussi, decisi a prendere il controllo totale della regione, al di là dei territori controllati da 8 anni, molti abitanti cercano rifugio verso ovest e alcuni anche verso est. E il treno è rimasto il principale e più sicuro mezzo di trasporto. Almeno fino a quando è stato preso di mira. Donne e bambini (cinque sono morti in un bilancio ancora provvisorio) erano in attesa dei convogli. Nessun miliziano, nessun deposito di armi, nessuna infrastruttura strategica. Soltanto profughi. E profughi che stanno abbandonando la loro terra, lasciando campo libero alle forze di occupazione.
Se, dunque, le vittime hanno un'identità chiara e incontestabile, alle accuse ucraine contro l'Armata russa ha risposto a stretto giro il ministero della Difesa di Mosca, incolpando le forze armate ucraine di avere condotto l'attacco. La motivazione, certamente incredibile, è che l'obiettivo fosse quello di impedire ai civili di andarsene per poterli usare come scudi umani. Il ministero ha anche affermato - senza al momento fornire prove - che i razzi sono stati sparati dalla vicina città di Dobropillia, controllata dall'Ucraina. A livello di logica è insensato, da ogni punto di vista, che Kiev colpisca volontariamente in pieno giorno i propri cittadini con un missile i cui resti vengono ispezionati in tempo reale dalla stampa internazionale. D'altra parte, anche per i comandi russi, nei giorni in cui il mondo inorridisce per i massacri di Bucha, quella di centrare i profughi inermi sembra una scelta demenziale e suicida, a meno che a dare l'ordine sia stato un criminale di guerra deciso a seminare il terrore indiscriminato, senza preoccuparsi delle conseguenze.
Diventa quindi più probabile in queste ore, nell'assenza di ulteriori elementi su cui basarsi, l'ipotesi di un errore, ipotesi che comunque non assolve i responsabili, chiunque essi siano. Il tipo di missile utilizzato, secondo una ricostruzione di fonte russa, è il Tochka-U, vecchia arma di fabbricazione sovietica, secondo Mosca in uso ormai soltanto all'Ucraina. Ma analisti citati dalla Bbc hanno mostrato immagini e video che sembrano mostrare come l'esercito russo sia ancora in possesso di Tochka-U, estremamente imprecisi, con alte probabilità di mancare i loro obiettivi anche di mezzo chilometro. Il missile russo - forse invece un Iskander - potrebbe dunque avere mancato il vero bersaglio, la ferrovia o un'altra infrastruttura nelle vicinanze. Anche se molto meno probabile, lo stesso scenario di morte potrebbe essersi realizzato a causa di un errore di lancio da parte delle truppe di Kiev.
Finora l'esercito e le autorità ucraine hanno scelto la linea della trasparenza. Davanti a un video in cui si vede una brigata affiliata georgiana uccidere alcuni prigionieri russi, l'atroce episodio non è stato negato da Kiev ed è stata aperta un'inchiesta. D'altra parte, la tv statale russa all news Rossiya 24 ha trasmesso un filmato in cui due uomini preparano un manichino insanguinato spiegando che era una delle messe in scena degli ucraini nelle città occupate. Alcuni analisti sono però risaliti alla fonte originale del video: una fiction girata a San Pietroburgo. E la direzione di Rossiya 24 ha ammesso "l'errore".
I morti nelle strade diventano purtroppo propaganda, per cercare di mobilitare le opinioni pubbliche a favore dell'Ucraina o per fare sì che esse abbandoni la causa di Kiev. La partita si gioca soprattutto in Occidente, dato che il pubblico russo non riceve altra versione che quella ufficiale. Ed è una partita cruciale, non solo per i destini della guerra. La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen è andata coraggiosamente a Kiev per portare la solidarietà della Ue a Zelensky e al suo popolo e a offrire l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione. Ha parlato di una procedura accelerata, che forse oggi può contare sulla maggioranza dei consensi in Europa.
Ma alcuni segnali e alcuni passaggi chiave metteranno presto ulteriormente in chiaro se l'appoggio incondizionato, o quasi, alla resistenza ucraina potrà durare a lungo. Le sanzioni che mettono in difficoltà anche le economie occidentali cominceranno a pesare - pace o condizionatori, ha detto Draghi - nei sondaggi e negli orientamenti degli elettori. Ma già in questo mese le presidenziali francesi diranno una parola importante. Se Marine Le Pen dovesse arrivare all'Eliseo, significherebbe che la guerra è vissuta più con fastidio e timore che con partecipazione e difficilmente la procedura per l'ammissione di Kiev viaggerebbe veloce. Qualche cinico sostiene che ci si stancherà presto della solidarietà. Un rischio che non si deve correre e che va scongiurato.