Il punto. Ucraina, guerra giorno 380: i missili della paura e il segnale dalla Georgia
Zelensky con Sanna Marin, premier della Finlandia
La guerra in Ucraina conta il giorno numero 380. La battaglia continua a infuriare a Bakhmut, dove si alternano notizie di avanzate russe e di tenuta da parte delle truppe di Kiev, con l’unica costante del tributo altissimo di vite sul campo di battaglia, ormai diffuso casa per casa. Non viene neppure esclusa una controffensiva dei difensori, dopo che la partita sul controllo della città del Donbass è diventata particolarmente significativa per entrambi i contendenti.
Si contano intanto le vittime e i danni dell’ondata di missili che giovedì ha colpito il Paese. Almeno 10 persone sono state uccise negli attacchi contro obiettivi in tutto il Paese. L'energia elettrica è stata interrotta per molte ore in diverse aree, compresa metà della capitale. Tre impianti sono stati danneggiati, almeno temporaneamente. Mosca ha utilizzato anche sei dei nuovi missili ipersonici noti come Kinzhal (i Pugnali), capaci di una velocità massima di oltre 12mila chilometri l’ora. Secondo l'aeronautica militare ucraina, si tratta del maggior numero di missili utilizzati dalla Russia in un'unica giornata dall'inizio del conflitto.
Degli 81 missili, 47 hanno colpito gli obiettivi. Si tratta di un rapporto tra bersagli centrati e razzi sparati molto più alto di quello raggiunto negli ultimi mesi dagli aggressori. Complessivamente, le forze della Federazione hanno lanciato nove tipi di vettori da crociera e balistici, oltre a una raffica di otto droni esplosivi di fabbricazione iraniana.
I Kinzhal ora fanno più paura perché si è visto che non sono intercettabili con la contraerea a disposizione di Kiev. Proprio nelle ultime ore l’'Ucraina avrebbe ricevuto uno dei due sistemi di difesa aerea Patriot promessi da Stati Uniti e Germania, anche se le batterie non sono ancora operative. Le Forze armate sono inoltre in attesa di alcuni lanciatori Patriot dai Paesi Bassi. Si tratta del sistema di difesa aerea a medio raggio più avanzato che l'Occidente possa offrire, ma non è stato testato contro i missili ipersonici di Mosca. A completare la difesa dovrebbe giungere anche il sistema, Samp-T, promesso da Francia e Italia.
L’attacco deciso dai generali della Federazione è stato interpretato come un’azione sporadica “di vendetta” per la presunta incursione in territorio russo di alcuni giorni fa a Bryansk. Una lettura che sarebbe suffragata dal limitato impatto dal punto di vista bellico e quindi dalla scarsa valenza strategica dell’uso di un arsenale così costoso per un’azione che non scoraggerà la resistenza ucraina né ha messo in ginocchio le sue infrastrutture. È possibile anche che Mosca non sia più in grado di preparare ripetute ondate di attacchi consecutivi, per difficoltà logistiche e di approvvigionamenti.
Se così fosse, verrebbe confermato lo scenario di una guerra che nessuna delle parti può vincere a breve termine, scatenando un’offensiva in grado di mettere in seria difficoltà il nemico. Da Kiev si fa sapere che il contrattacco in grande stile potrebbe scattare tra un paio di mesi. Ma annunci a mezzo stampa non sono né credibili né utili per chi li fa. Si deve quindi pensare che Zelensky e i suoi generali stiano pensando invece a operazioni di diverso tipo che possano sorprendere i russi e cambiare l’inerzia del conflitto.
In questo scenario militare ancora nebuloso, va registrata una sconfitta politica per il Cremlino. La disfatta si è consumata in Georgia, dove la protesta popolare ha costretto il governo a ritarare la legge sugli “agenti stranieri”, ispirata alle analoghe norme liberticide russe contro la stampa e l’associazionismo. Il Parlamento ha quindi votato per la revoca definitiva del testo che era stato approvato in prima lettura.
Mosca ha provato a denunciare la "mano che non può dirsi invisibile", la quale avrebbe cercato di aggiungere elementi anti-russi alle manifestazioni in corso a Tbilisi. Secondo il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, gli eventi di questi giorni sono stati orchestrati dall'estero per creare problemi ai confini e le proteste contro la legge erano solo una scusa per tentare un cambio di potere con la forza. Il riferimento è al premier e alla maggioranza che si sono dimostrati non ostili a Putin e alle sue politiche, mentre la presidente e le opposizioni hanno mantenuto saldo un orientamento europeista.
Il tentativo del Cremlino di accomunare la vicenda georgiana alla rivolta di Maidan, quando in Ucraina le forze filo-russe furono sconfitte dalla piazza (che certamente godeva anche dell’appoggio occidentale) indica come Putin tema i movimenti popolari e l’intero suo sistema di potere sia basato sulla repressione e la mobilitazione gestita dall’alto. Le espressioni genuine della volontà dei cittadini non devono avere spazio. Soprattutto se, nella maggioranza dei casi, vanno nella direzione opposta al suo sogno imperiale. Da Tbilisi dunque giunge un segnale confortante che tutta l’Europa – leader e opinioni pubbliche - dovrebbe tenere in alta considerazione.