Ucraina. Guerra giorno 289: i segnali lanciati da Mosca e la dura repressione interna
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Nel giorno 289 della guerra in Ucraina il presidente russo Putin accenna a un “accordo inevitabile” per mettere fine alle ostilità, pur esprimendo dubbi sulla "fiducia" che Mosca può accordare ai suoi interlocutori. "Come trovare un’intesa? E con chi? Con quali garanzie? Questa è ovviamente tutta la questione. Ma alla fine bisognerà trovare un accordo. Ho già detto più volte che siamo pronti, siamo aperti, ma questo ci obbliga a riflettere per sapere con chi abbiamo a che fare", ha detto il capo della Federazione a margine di un vertice regionale in Kirghizistan.
Lo stesso Putin ha ribadito la bontà dell'operazione speciale, che “la Russia avrebbe dovuto avviare prima, ma sperava di fare un accordo come parte del Protocollo di Minsk 2”. D’altra parte, è arrivato il riconoscimento che "persistono problemi logistici lontani dall'essere risolti", in riferimento in particolare alla fornitura di attrezzature e divise per 300.000 uomini arruolati negli ultimi mesi.
Che si tratti di un’apertura improvvisa al dialogo pare improbabile. Tuttavia, dal Cremlino arrivano segnali contrastanti che potrebbero anche preludere a qualche passo più sostanziale. Nelle scorse ore, si è avuto lo scambio di detenuti tra Mosca e Washington, che ha riportato a casa la cestista Usa Brittney Griner e dato la libertà al trafficante d’armi Viktor Bout, condannato da una corte americana per terrorismo. In Turchia sono ripresi contatti diretti tra le due delegazioni, ma in contemporanea il portavoce della presidenza, Peskov, ha affermato che le relazioni tra Stati Uniti e Federazione sono ai minimi. Putin non ha nemmeno escluso che la Russia possa inserire nella propria strategia militare la possibilità di un attacco nucleare preventivo, con l'obiettivo di "disarmare" i nemici.
Subito dopo, gli Stati Uniti hanno sanzionato la Commissione elettorale centrale russa e i suoi 15 membri per la supervisione e il monitoraggio dei referendum farsa svoltisi nelle quattro aree dell'Ucraina controllate dalla Russia e poi formalmente annesse alla Federazione, un voto caratterizzato da evidenti episodi di intimidazione e coercizione degli elettori.
Tutte queste notizie non sono necessariamente in contraddizione. Mentre i combattimenti continuano a ritmo ridotto e le forze russe bombardano l'intera linea del fronte a Donetsk oltre a lanciare sporadici missili su obiettivi civili, la diplomazia cerca comunque di muovere qualche pedina. Per domenica 11 dicembre sono annunciati colloqui di Putin e Zelensky con il leader turco Erdogan. Si parlerà dell’accordo sul grano da prolungare, ma inevitabilmente l’intera crisi sarà oggetto delle telefonate.
Segnali misti anche sul fronte energetico, dato che Mosca potrebbe ''ridurre la produzione di petrolio'' e interrompere la sua esportazione verso quei Paesi che hanno introdotto lo ''stupido'' tetto al prezzo, ha fatto sapere Putin. Ma il “Price Cap” è in vigore da giorni e nessuna reazione concreta si è ancora materializzata.
Rimane invece certa e senza eccezioni la repressione interna. Uno dei più importanti esponenti dell'opposizione russa, Ilya Yashin, è stato condannato a otto anni e mezzo con l’accusa di avere diffuso "fake news" sull'esercito. Uno dei pochi critici del Cremlino a rimanere in Russia dopo l'invasione dell'Ucraina, Yashin ha continuato a esprimersi contro la guerra. Era finito in cella dopo aver condannato i crimini commessi dagli occupanti a Bucha, secondo la nuova legge che punisce le "false informazioni". I pm avevano chiesto nove anni di carcere. Il suo avvocato ha annunciato che farà appello contro il verdetto. In un post su Telegram, Yashin ha invitato i suoi sostenitori a non essere tristi: "Abbiamo detto la verità sui crimini di guerra e chiesto la fine dello spargimento di sangue".
Nella giornata per i diritti umani, il responsabile delle Nazioni Unite per la materia, Volker Turk, ha parlato di una grave emergenza in Ucraina. "Ci sono 17,7 milioni di persone che necessitano di assistenza; 9,3 milioni richiedono sostegno alimentare e di sostentamento. E ci sono circa 7,4 milioni di rifugiati con 6,5 milioni di sfollati interni". Il Paese aggredito soffre non solo per i continui attacchi missilistici, ma anche per le infrastrutture civili distrutte. "Il settore energetico è pesantemente colpito – ha detto Turk –: molte persone vivono a temperature sotto lo zero senza riscaldamento né elettricità".
In questo quadro tragico, un fatto lieto: è tornato l’albero di Natale nella piazza centrale della città martire di Bucha, che prova a rialzarsi dopo la tragica occupazione dei primi mesi di guerra.