Ucraina. Guerra giorno 279: le chiusure di Mosca e il timore di un nuovo "giorno nero"
La guerra in Ucraina è giunta al giorno 279, con l’attesa preoccupata di una nuova pesante offensiva russa sulle infrastrutture energetiche del Paese invaso, mentre gli spiragli per l’apertura di una trattativa sembrano essersi di nuovo improvvisamente ristretti, dopo qualche ora in cui sembrava che la rinnovata iniziativa vaticana potesse trovare porte almeno socchiuse.
Erano state le parole di monsignor Gallagher a rilanciare la disponibilità della Santa Sede a ospitare un eventuale tavolo negoziale. Gli aveva fatto eco un’intervista del Papa alla rivista “America” dei gesuiti americani in cui, oltre ad auspicare un negoziato per arrivare a una pace necessaria, rispondendo a una domanda affermava di sapere bene che ci sono un aggressore e un aggredito e che le truppe di occupazione di Mosca hanno commesso atrocità. Se in un primo tempo dal Cremlino si era salutata positivamente l’offerta di mediazione, in serata c’era stata la dura (e offensiva) dichiarazione della portavoce del ministero degli Esteri in replica alle parole di Francesco.
Ancora poche ore e l'ambasciatore russo presso il Vaticano, Alexander Avdeev, ha espresso alla Santa Sede la protesta di Mosca per le parole del Papa relative ad atti di crudeltà delle truppe in Ucraina, in particolare di Buriati e Ceceni. "Ho manifestato indignazione per tali insinuazioni e sottolineato che niente può far vacillare la coesione e l'unità del popolo multinazionale russo", ha affermato il diplomatico. In seguito, l’agenzia Tass, ha riportato le presunte dichiarazioni anonime di un esponente vaticano, secondo il quale la Santa Sede "dà grande valore alle sue buone relazioni con la Russia e spera di potere continuare a svilupparle". Nel dispaccio, si aggiunge che la fonte avrebbe sottolineato come il Pontefice "non intendesse in alcun modo offendere i popoli della Russia".
Di certo, le volontà di pace della diplomazia vaticana e gli sforzi incessanti per intrecciare un dialogo fra le parti non perderanno intensità, anche se le chiusure del Cremlino non sembrano dare spazio all’ottimismo. Da Mosca arrivano nuove minacce alla Nato e la conferma che la decisione di rinviare sine die i colloqui con gli Usa sul trattato New Start è stata presa a causa della "situazione estremamente negativa delle relazioni" tra la Russia e gli Usa, dai quali ci si aspettano "sforzi scrupolosi per creare le condizioni" per riprendere i contatti in materia di controllo degli armamenti.
La linea dura fa temere un’altra serie di pesanti raid, che nemmeno nel 279° giorno del conflitto si sono interrotti. Dodici navi da guerra russe con un totale di 84 missili Kalibr a bordo continuano a navigare nel Mar Nero e nel Mediterraneo, secondo fonti ucraine, pronte a entrare in azione con lanci di vettori. L’allarme è diffuso in tutto il Paese, mentre nuove batterie contraeree sono arrivate dalla Francia a rafforzare il dispositivo di difesa che dovrebbe proteggere centrali e reti elettriche.
Nel frattempo, Kiev è tornata al buio: la società per l'energia Dtek ha annunciato la ripresa delle interruzioni di emergenza di corrente per la prima volta dal 23 novembre: “Si sta facendo tutto il possibile per garantire l'elettricità a ciascun utente per 2-3 ore due volte al giorno. I programmi di blackout per la stabilizzazione non funzionano", è stato reso noto dalla società.
Se sui principali fronti sul terreno non si segnalano particolari movimenti bellici, tutta l’attenzione rimane concentrata sui cieli e sulla situazione energetica. Putin prosegue con la tattica dello “strangolamento” e non sembra intenzionato a sedersi a un tavolo. L’Ucraina chiede alla Nato uno sforzo supplementare di mezzi antimissile e di generatori per superare l’inverno (aiuti americano in questo senso sono stati appena annunciati). Una situazione di apparente stallo che però potrebbe riservare sorprese su entrambi i fronti.