Ucraina. Guerra giorno 259: ritirata russa da Kherson e lo spiraglio per una trattativa
Nel suo 259° giorno, la guerra in Ucraina ha visto una potenziale svolta, con l’annuncio del ritiro russo da Kherson sotto la pressione delle truppe di Kiev. L’operazione di ripiego non è stata ancora completata e da parte dei vertici militari del Paese invaso rimane cautela sulle mosse degli aggressori, che potrebbero risultare motivate da una reale debolezza ma anche essere il frutto di una tattica per minimizzare le perdite e attirare il nemico in una trappola.
La comunicazione a sorpresa è arrivata dal ministro della Difesa, Sergei Shoigu, il quale in diretta tv ha reso noto l’avvio della smobilitazione dalla riva occidentale del Dnepr, dopo aver accolto la proposta del comandante delle forze russe in Ucraina, Serghei Surovikin, di organizzare la difesa lungo la sponda orientale del fiume. "La decisione non è stata facile, ma allo stesso tempo salveremo la vita dei nostri militari", ha spiegato lo stesso generale Surovikin, precisando che la città di Kherson, che a questo punto sarà probabilmente abbandonata, e gli insediamenti adiacenti non possono essere più riforniti.
"I militari ucraini stanno attaccando scuole, ospedali e civili a Kherson, civili che si sta evacuando sull'altra riva del fiume Dnepr. Le forze armate della Federazione hanno resistito con successo ai tentativi di controffensiva nella regione", ha spiegato Surovikin, cercando di indorare la pillola di quella che appare una sconfitta bruciante per Mosca. Il comandante delle operazioni ha poi affermato che "da agosto a ottobre i militari ucraini hanno perso più di 9.500 effettivi sul campo", un numero di sette otto volte superiore alle perdite russe nella zona.
“Fino al momento in cui la bandiera ucraina sventolerà sulla città, non ha senso parlare di un ritiro russo", si è affrettato a precisare il consigliere del presidente ucraino, Mikhailo Podolyak, anche se i commenti delusi e irati sui canali Telegram dei più accesi sostenitori della linea dura di Putin sembrano confermare che la decisione sia operativa e dovuta soprattutto all’impossibilità di mantenere le posizioni sul lungo periodo.
Se si concretizzerà, il ripiegamento di Mosca potrebbe segnare certamente un passaggio rilevante nel conflitto, proprio nel giorno in cui le elezioni americane di medio termine hanno ridimensionato l’influenza trumpiana sul prossimo Congresso, deludendo le speranze del Cremlino di un ammorbidimento della linea americana nella crisi. Kherson è l’unico capoluogo di regione occupato dai russi, e prima importante città conquistata pochi giorni dopo l’avvio della guerra il 24 febbraio. Il ripiegamento è quindi anche la peggiore sconfitta del Cremlino fino a questo momento.
La città riveste un'importanza sia strategica sia simbolica. Situata sulla sponda occidentale del fiume Dnepr, prima della guerra Kherson era un importante centro industriale e culturale di 380mila abitanti. Il suo porto fluviale è uno sbocco chiave per il trasporto del grano verso il vicino Mar Nero e sede di un grande cantiere navale. Soprattutto, per la sua collocazione geografica, è la porta strategica verso la Crimea e il “rubinetto” dell’acqua per la penisola occupata da Mosca.
Non è nemmeno passato un mese e mezzo dal 29 settembre, quando il leader del Cremlino ha firmato il decreto di annessione delle regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, giurando che i quattro territori non sarebbero mai più stati parte dell’Ucraina. In realtà, la riconquista di una zona che Mosca non aveva mai completamente stabilizzato sotto il proprio controllo dimostrerebbe anche all'Occidente che vale ancora la pena spendere risorse per sostenere l'Ucraina e fornirle armi, spiegano alcuni esperti di strategia interpellati dalla Bbc.
Attualmente, le forze ucraine hanno bombardato i ponti sul Dnepr per cercare di tagliare le linee di rifornimento russe verso la città da Est e da Sud. E anche le unità della Federazione stanno facendo saltare i passaggi sul fiume: prima Daryiv e Tyagin, poi quello all'uscita da Snigurivka sul canale, successivamente quelli di Novokairy e di Mylovi. La Russia afferma inoltre di aver evacuato 70.000 civili dalla città. I soldati da ridislocare sarebbero invece tra 5mila e 10mila. Nel frattempo il vice capo della regione, Kirill Stremousov, nominato dai russi, sarebbe stato ucciso provocando un incidente stradale mentre si stava spostando con la sua auto.
Gli analisti sottolineano comunque alcuni punti critici che non rendono lo scenario così semplice per le forze ucraine in avanzamento. Il primo è che i russi in ritirata hanno disseminato il fronte di mine e trappole esplosive. Il secondo è che Mosca, dopo aver ritirato le sue truppe sulla riva orientale - e aver "evacuato", a volte con la forza, un gran numero di civili - sarà ora tentata di bombardare Kherson a tappeto. Infine, lo schema che emerge in questa guerra è che ogni volta che la Russia subisce un'importante battuta d'arresto militare risponde colpendo ulteriormente la popolazione civile, come è tragicamente accaduto dopo le recenti azioni di Kiev in Crimea.
Se la bandiera ucraina tornerà davvero a sventolare su Kherson e le truppe di Ucraina e Russia si assesteranno sulle due sponde del Dnepr, fiume che può segnare una linea chiara per una tregua di fatto, potrebbero aprirsi spiragli per una trattativa. La possibilità è data dal recente ripensamento del presidente Zelensky rispetto a colloqui con Putin, che aveva finora escluso per decreto. Ed è rafforzata dalle crescenti pressioni dell’Amministrazione americana perché si provi a intavolare a livello diplomatico una via d’uscita dalla crisi. Non bisogna però farsi troppe illusioni, prima di vedere quali saranno le prossime scelte delle due parti in una fase fluida e difficile da decifrare sul piano bellico e politico.