Ucraina. Guerra giorno 238: la Russia attua la strategia del "terrorizza e distruggi"
La guerra in Ucraina è giunta al giorno 238 e si intensifica il tentativo russo di mettere il Paese invaso al buio e al freddo. Proprio in coincidenza con la data in cui solitamente a Kiev e in tutte le altre città si accendono i sistemi di riscaldamento, nella capitale è scattato un razionamento dell’elettricità dovuto ai bombardamenti sulle centrali e sulla rete. Alla popolazione è chiesto di risparmiare energia, caricare i dispositivi elettronici quando se ne ha l’occasione, mentre l’illuminazione stradale e degli edifici viene ridotto o spenta.
Dal Cremlino e dal nuovo comandante in capo dell’operazione militare speciale, Serghei Surovikin, si tenta dunque una nuova strategia capace di ribaltare le sorti del conflitto, che sul piano dei combattimenti sul terreno vede ancora un’inerzia favorevole alle forze ucraine. Nella prima fase dell’aggressione, quando Putin e i suoi generali probabilmente miravano a una rapida conquista dei gangli vitali della nazione, con una sostituzione del governo Zelensky e una resa dell’esercito, non era nei piani una campagna di distruzione sistematica delle infrastrutture, che si sarebbe ritorta inevitabilmente contro Mosca e il suo nuovo esecutivo fantoccio installato a Kiev. Ciò avrebbe ancora più alienato il consenso della popolazione e imposto notevoli costi alla Russia per la ricostruzione.
Oggi, invece, essendo ormai chiaro che la presa della nazione “sorella” è divenuta impraticabile, sia per la strenua ed efficace resistenza del popolo ucraino sia per il fondamentale sostegno del fronte occidentale in termini di armamenti, di intelligence e di aiuti economici, la strategia è stata necessariamente rivista. Si tratta di non subire una sconfitta militare inaccettabile per Putin e per il partito dei falchi che lo spinge ad adottare una condotta di guerra ancora più dura e spregiudicata. Missili e droni su obiettivi civili servono così per terrorizzare e per rendere la vita sempre più difficile ai cittadini che non sono in armi. Con l'obiettivo, per ora improbabile, di spingere la popolazione a sconfessare le scelte del governo.
Un cambio di condotta che per ora non sembra modificare gli equilibri sul campo, ma che potrebbe diventare difficilmente sostenibile per Kiev se, con il contributo decisivo degli alleati, non riuscirà in tempi abbastanza brevi a dotarsi di uno “scudo” che protegga i suoi cieli in modo da renderli quasi impenetrabili. Già oggi vengono intercettati molti razzi e velivoli kamikaze forniti dagli iraniani – che se concessi da Teheran in grande quantità preoccupano per la difficoltà di individuarli e abbatterli –, ma quando gli ordigni volanti sono lanciati a sciami, qualche colpo va inevitabilmente a segno.
D’altra parte, efficaci sistemi anti-aerei potrebbero mettere in gravi difficoltà Mosca, dato che le riserve di missili di ultima generazione si stanno esaurendo, anche per effetto delle sanzioni, e gli arsenali più datati non consentono di condurre attacchi di particolare incisività. Di qui l’accelerazione impressa da Putin, sia con i raid massicci sia con le misure nelle zone occupate e illegalmente annesse, a partire dalla legge marziale imposta mercoledì e che implica controlli di sicurezza più severi e restrizioni alla circolazione. Non è tuttavia chiaro quali saranno le concrete applicazioni, dato che l’esercito russo non controlla completamente Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk e che in quelle regioni le libertà e diritti sono già ampiamente limitati.
Nelle ultime ore, Kiev ha denunciato anche la minaccia "crescente" di una nuova offensiva dal territorio bielorusso alla luce del dispiegamento di forze congiunte di Mosca e di Minsk e le dichiarazioni ostili provenienti dalle due capitali. “La retorica aggressiva dei vertici militari e politici di Russia e Bielorussia si sta intensificando, il pericolo di una ripresa dell’avanzata sul fronte settentrionale sta crescendo", ha denunciato il vicecapo di Stato maggiore ucraino, Oleksiy Gromov.
Sul terreno, resta critica la situazione nella zona di Kherson, dove la Russia sta trasferendo decine di migliaia di civili e funzionari scelti dai russi, mentre le truppe ucraine in avanzata si avvicinano al capoluogo. La Federazione afferma che la popolazione della sponda occidentale del fiume Dnieper (Dnipro per gli ucraini) è particolarmente a rischio a causa dei bombardamenti delle forze di Kiev. L’amministratore della regione, insediato dagli occupanti, ha dichiarato che tutti i dipartimenti e i ministeri di nuova nomina attraverseranno il fiume, insieme a circa 50-60.000 civili.
Ma i funzionari ucraini – secondo quanto riportato dalla Bbc – hanno messo in dubbio l'effettiva evacuazione di un gran numero di persone, suggerendo che le immagini di una folla radunata lungo il fiume siano per lo più di facciata. E hanno invitato i residenti a ignorare la mossa russa. Altre fonti, invece, leggono il trasferimento, o la deportazione, di civili da parte di una potenza occupante (che costituisce di per sé un crimine di guerra) come la premessa per trasformare gli abitanti in scudi umani nelle vicinanze di possibili obiettivi della controffensiva militare di Kiev.