Ucraina. Guerra giorno 192: i dubbi sulle sanzioni e il rischio debolezza verso Putin
Nella guerra in Ucraina, giunta al 192 giorno con attacchi missilistici russi su varie città e combattimenti nel Sud, dove la controffensiva di Kiev trova qualche primo successo anche territoriale, contano sempre di più le decisioni che si prendono lontano dal fronte. Si gioca una partita decisiva sul piano economico. E lo scenario si fa sempre più complesso. Se dalle organizzazioni sovranazionali, in particolare Unione Europea e G7 nelle ultime ore, arrivano segnali univoci di misure che potrebbero indebolire le capacità del Cremlino di proseguire il conflitto d’invasione, voci diverse si levano in alcuni Paesi ed emergono situazioni che potrebbero invece indebolire il fronte occidentale della fermezza.
"Siamo davanti all'unico caso al mondo in cui le sanzioni per fermare una guerra, per mettere in ginocchio un regime, per bloccare gli attacchi, non danneggiano i sanzionati, ma coloro che sanzionano", così si è espresso Matteo Salvini a margine del suo incontro a Fano con i simpatizzanti e i candidati della Lega alle elezioni del 25 settembre. Il segretario leghista è tornato a segnalare che "ci stanno rimettendo gli italiani e ci stanno guadagnando i russi" e che, "evidentemente a Bruxelles, qualcuno ha sbagliato i conti". "Bisogna continuare a sostenere, difendere e aiutare il popolo ucraino - ha detto -, ma le sanzioni non stanno facendo male a Mosca, che sta ricavando centinaia di migliaia di miliardi in più. Stanno facendo male alle nostre imprese e alle nostre famiglie, per cui è evidente che ci sia qualcosa da ripensare".
Le dichiarazioni di Salvini arrivano mentre alcune ricostruzioni giornalistiche parlano dei timori della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, rispetto alle posizioni della Lega in merito alla crisi ucraina. Ma le debolezze europee nei confronti del “ricatto” energetico di Putin sono di lunga data. Come ha ricostruito la “Bbc”, negli ultimi decenni Bonn e poi Berlino sono state felici di usufruire del gas russo a basso costo, mentre un giovane Vladimir Putin scriveva la sua tesi di dottorato sull'importanza delle esportazioni energetiche della Federazione. L'ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder aveva sancito la dipendenza tedesca con la costruzione del gasdotto Nord Stream, ora al centro della contesa, che poi gli ha dato un posto nel suo consiglio di amministrazione. Gazprom ha sponsorizzato il calcio tedesco, la principale competizione calcistica europea, la Champions League, e ha finanziato vari progetti di soft power russo.
Va rimarcato che l'industria tedesca ha scambiato gli impianti sotterranei di stoccaggio del gas sul proprio territorio con un accesso privilegiato alle riserve di gas sotto la tundra siberiana. Le stesse strutture, tra cui la più grande della Germania, progettate per avere una difesa dalla “diplomazia energetica russa”, passarono sotto la proprietà del Cremlino. E ciò avvenne nel 2015, dopo l'annessione della Crimea da parte della Russia, ricorda l’analista economico Faisal Islam sulla “Bbc”. Soltanto l'anno scorso il governo tedesco ha ripreso la proprietà degli impianti di stoccaggio e le società energetiche sostenute da prestiti governativi hanno acquistato durante l’estate quanto più gas possibile a qualsiasi prezzo.
La first lady ucraina, Olena Zelenska, rispondendo a chi le chiedeva quale messaggio avesse per le persone che stanno affrontando gli aumenti delle bollette energetiche in parte a causa della guerra, ha riconosciuto che l'impatto economico è duro per i Paesi alleati di Kiev. Tuttavia, mentre gli occidentali fanno i conti in euro o sterline, gli ucraini "contano le vittime". D’altra parte, non si tratta più soltanto di evitare uno strangolamento energetico, come propongono Salvini e tanti altri, magari mettendo in secondo piano la causa del popolo vittima di una brutale invasione, ma bisogna considerare uno scenario di crisi che si è fatto vasto e articolato. Si potrà mai tornare a normali transazioni economiche con Putin come se nulla fosse accaduto? In ogni caso, che ne sarà dell’Ucraina?
Al punto in cui siamo arrivati, serve una strategia comune che porti fuori dal conflitto sanguinoso e devastante, ma non faccia sconti al Cremlino. Procedere in ordine sparso, cercando di procurarsi un vantaggio di breve o medio periodo (come è stato il caso tedesco) finisce soltanto per rafforzare chi si è dichiarato esplicitamente nemico della democrazia e delle società aperte. E non sta esitando a bombardare obiettivi civili per perseguire i suoi scopi di conquista.