Ucraina. Guerra giorno 191: con il tetto al prezzo, lo scontro ora è tutto sull'energia
Si annuncia una partita totalmente nuova nella crisi innescata dall'invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. Con l’aggravarsi della situazione energetica in Occidente, si prepara una risposta dura al Cremlino, tutta giocata sugli strumenti economici, ma estremamente complessa e delicata. La parola chiave è “price cap”, un tetto al prezzo. Sembra paradossale che un limite venga posto dall'acquirente al venditore. Di solito, se quest’ultimo è insoddisfatto del guadagno potenziale, rinuncia alla transazione e cerca un altro compratore. In questo caso, il mercato non è così aperto e ampio da consentire alla Russia di pronunciare un semplice: “Ci spiace, cercate gas e petrolio da un’altra parte”.
La mossa più audace sembra quella che ha annunciato il G7, che comprende anche l‘Italia. Il “price cap” al greggio russo "mira ad alleviare la pressione sui prezzi del petrolio e sostenere i Paesi importatori a livello globale consentendo un accesso continuo al petrolio russo pari o inferiore al limite di prezzo per i Paesi che continuano tali importazioni", così si esprimono diplomaticamente in una dichiarazione congiunta i ministri delle Finanze delle sette nazioni aderenti all’organizzazione. "Invitiamo tutti i Paesi a fornire input sulla progettazione del price cap e ad attuare questa importante misura. Cerchiamo di stabilire un'ampia coalizione al fine di massimizzare l'efficacia e sollecitiamo chi ancora cerca di importare petrolio e prodotti petroliferi russi a impegnarsi a farlo solo a prezzi pari o inferiori al limite stabilito".
La misura, spiega il G7," ha il potenziale per essere particolarmente vantaggiosa per i Paesi, in particolare quelli vulnerabili a basso e medio reddito, che soffrono di alti prezzi dell'energia e dei prodotti alimentari, aggravati dalla guerra di aggressione della Russia. Svilupperemo anche meccanismi di mitigazione mirati insieme alle nostre misure restrittive per garantire che le nazioni più vulnerabili e colpite mantengano l'accesso ai mercati dell'energia, anche dalla Russia".
In concreto, dal 5 dicembre verrà posto un prezzo massimo, che potrebbe essere 50 dollari al barile, molto inferiore all’attuale, al quale tutti i Paesi aderenti si terranno nel pagare Mosca per le forniture. Oltre al G7 è verosimile che aderiscano anche tutti i Paesi Ue – forse Ungheria esclusa, dati i precedenti di Orban con le altre sanzioni. Come si può fare e che cosa può accadere? Da una parte, la Russia ricava il 45% del suo Pil dalla vendita di materie prime e il petrolio è una delle più rilevanti. Non può permettersi di rinunciare all’intero pacchetto di acquisti dell’Occidente (che è variegato, perché gli Usa sono quasi del tutto autosufficienti). Mosca dovrebbe quindi esportare a una cifra più bassa dell’attuale, ottenendo ricavi inferiori e avendo quindi meno fondi da investire nella guerra.
Ma non è questo probabilmente il primo obiettivo, perché gli effetti in tal senso si manifesterebbero in tempi piuttosto lunghi: l’economia russa è infatti forte e resiliente più di quanto venga dipinta. Il vero e immediato vantaggio sarebbe il grande miglioramento della situazione economica dell’Europa e anche di molti altri Paesi, non esclusi gli Stati Uniti. Soprattutto se lo stesso meccanismo si attuasse con il gas, come anche nelle ultime ore ha ribadito la presidente della commissione Ue Von der Leyen. I prezzi intanto, solo all’annuncio della volontà di procedere in quella direzione, sono calati fortemente. La risposta di Mosca è arrivata poi con l'annuncio che il Nord Stream I non riaprirà dopo la manutenzione di tre giorni a causa di un presunto nuovo guasto. Una probabile ritorsione per le intenzioni espresse dall'Europa.
Ma Putin non può vendere il petrolio e il gas ad altri, a un prezzo più alto? Certo, potrebbe provarci, almeno in parte. Attualmente, però, non esiste alcun mercato che può assorbire tutta l’eventuale eccedenza. Tuttavia, qui entrerebbero in gioco le misure che il G7 ha prospettato. Si vieterebbero alcuni servizi fondamentali, come l'assicurazione e la fornitura di finanziamenti alle compagnie navali che trasportano petrolio russo al di sopra del limite di prezzo concordato. Già oggi Mosca sperimenta problemi per il suo export a motivo di queste limitazioni. Se tutto l’Occidente le mettesse in atto in modo stringente, il trasporto del petrolio diventerebbe molto difficile.
E se Cina e India, come probabile, non volessero inimicarsi la Russia e decidessero di pagare il petrolio (e il gas) ai prezzi precedenti o comunque sopra il “price cap”? Potrebbe scattare una vera guerra commerciale con le sanzioni secondarie, ovvero quelle sanzioni che si applicano a coloro che non rispettano le misure decise contro uno specifico Paese e continuano a commerciare con esso. Con una decisione molto forte, il G7 e la Ue potrebbero stabilire che gli acquirenti cinesi e indiani di energia di Mosca in violazione del “price cap” siano esclusi dai mercati occidentali. Una minaccia che sarebbe dissuasiva per quasi tutti. C’è però ancora la possibilità che i versamenti si facciano segretamente, con pagamenti non tracciati e così via… A quel punto spetterebbe agli 007 economici indagare per trovare chi viola l’“embargo”… Infine, va considerato che Putin, se il costo delle misure contro il suo Paese diventasse troppo alto, potrebbe reagire con altri mezzi o su altri fronti.
Insomma, se dalla carta le decisioni ventilate diventeranno realtà, il braccio di ferro con il Cremlino potrebbe salire di livello e aprirsi a scenari finora non considerati.