Turismo. La lezione di francese che può essere utile all'Italia
Con 90 milioni di arrivi internazionali l’anno, contro i nostri 65 milioni, la Francia fa scuola: infrastrutture efficienti, coordinamento tra siti, diversificazione ed eventi anche fuori stagione
In tanti campi, si sa, la Francia si è storicamente ispirata all’Italia, vista spesso lungo i secoli come una fucina portentosa del nuovo, del buono e del bello. Al di là del fronte strettamente artistico, i “cugini” cercarono con scarso successo di copiare nell’Ottocento persino il parmigiano, come ricorda oggi il gustoso volumetto Fabrication du fromage parmesan (Menu Fretin). Così, sullo sfondo degli ultimi sonori battibecchi diplomatici fra le due cancellerie, una riflessione sembra imporsi. Nel rispetto ovviamente di proprietà intellettuali e marchi vari, non sarebbe male ritrovare quel sano spirito d’emulazione positiva bilaterale che tanto ha giovato alla crescita d’entrambe le nazioni.
Per quanto riguarda l’Italia, in questi tempi in cui urgono nuove idee per rilanciare l’offerta turistica – come sottolinea l’ultimo report Ocse in materia, fresco di stampa – sarebbe probabilmente utile sbirciare un po’ più da vicino quanto fanno i francesi in questo settore in cui sembrano aver imparato tutto da soli, o quasi. Con circa 90 milioni d’arrivi internazionali all’anno, in effetti, la Francia svetta al di sopra di giganti come Stati Uniti e Cina, surclassando vicini come Regno Unito e Germania, entrambi sotto quota 40 milioni. Quanto all’Italia, oscilla attorno ai 65 milioni, nonostante il Bel Paese figuri invece in cima per numero di siti iscritti nel Patrimonio mondiale dell’Unesco. Ma come fanno i “cugini”?
Innanzitutto, com’è noto, si sono dotati d’infrastrutture di trasporto avanzate, fra aeroporti internazionali e reti di treni veloci. Inoltre, è vero, godono del vantaggio geografico di trovarsi proprio in mezzo ai grandi Paesi ricchi dell’Europa occidentale. Ma c’è molto di più, a cominciare dalla spiccata capacità di valorizzare al meglio il proprio patrimonio, lanciando in orbita dei siti turistici persino laddove altri Paesi non avrebbero osato. O inventandosi “stagioni” turistiche supplementari, con tanta creatività. Nella periferia Est di Parigi, il magnete “acchiappaturisti” per definizione è naturalmente Disneyland Paris, che festeggia i 30 anni dall’alto delle 375 milioni di visite già registrate. Ma il megaparco finanziato con capitali yankee non ha fatto piazza pulita tutt’attorno, come sarebbe magari accaduto in altri Paesi con minori competenze manageriali nel turismo. In proposito, nei dintorni, questo 2022 segna pure i 20 dall’iscrizione nella lista dell’Unesco del grazioso borgo medievale di Provins, che conta una popolazione di appena 12mila residenti.
Ebbene, a fine giugno, circa 110mila visitatori hanno affollato in un solo weekend il festival Médiévales, nel quadro di un’annata che batterà tutti i record di arrivi a Provins, ben al di sopra dei livelli già elevati del 2019, ultimo anno pre-pandemia. In termini di puro bilancio contabile netto finale, il borghetto vanta cifre capaci di far impallidire persino il vicino colosso del divertimento, impelagato nei costi ciclopici di gestione, con tanti esercizi chiusi in rosso. E basta passare una giornata a Provins per capire come sia divenuta una gallina turistica dalle uova d’oro: una valorizzazione impeccabile della cinta muraria, delle visite guidate istruttive e ludiche (anche per famiglie e scuole) fin nei sotterranei, due spettacoli quotidiani dall’alto impatto scenico attorno ai temi accattivanti della falconeria e dei tornei cavallereschi, un vasto ufficio turistico efficiente e ricolmo d’azzeccati souvenir per grandi e piccoli. Al termine della giornata, vien da dire chapeau!
Quanto alla capacità di sublimare i siti più celebri pure in bassa stagione, una lezione d’ingegnosità giunge invece dalla Valle della Loira. Il progetto “Natale al Paese dei castelli”, sviluppato attorno al capoluogo di Tours, è riuscito a federare 7 fra i siti più suggestivi, creando un circuito natalizio che ha rivoluzionato il turismo di fine anno nella regione, uscendo dal cilindro una stagione turistica aggiuntiva rispetto alla primavera- estate. A fine anno, il principale polo attrattivo transalpino di provincia resta l’Alsazia, con i suoi celebri mercatini di Natale, a Strasburgo e nelle cittadine vicine. Ma i castelli della Loira si sono aggiunti all’offerta, attirando pure un numero crescente di turisti internazionali.
I 7 castelli della Turenna aderenti a Noël au Pays des chateaux avrebbero potuto rivalizzare fra loro a colpi di sgambetti e concorrenza spietata, rischiando di proporre le stesse attrazioni. Invece, con la mediazione degli enti turistici provinciali, giocano di concerto e sviluppano “temi” complemen-tari, spingendo famiglie e coppie a immergersi in un vero circuito delle meraviglie. A Chenonceau, celebre castello fluviale che congiunge le opposte sponde ricordando un po’ il Ponte Vecchio di Firenze, il tema è stato «Tavole da sogno, tavole festive», con allestimenti interni mozzafiato. Ad Azay-le Rideau, si è invece puntato sulle « Delizie », con riproduzioni di fattura squisita. A Loches, dominano i racconti per l’infanzia. A Chinon, in modo spiazzante, si valorizza la leggenda tradizionale del «castello sottomarino».
Negli altri tre splendidi castelli di Amboise, Villandry e Langeais, uno spazio molto più grande è stato riservato al Natale nel senso più alto e proprio. Ad Amboise, nell’imponente complesso fortificato che accoglie pure la cappella dove fu sepolto Leonardo da Vinci, l’italianità “derivata” del sito è sottolineata pure da uno splendido presepe tradizionale monumentale napoletano della bottega artigianale partenopea Ferrigno. A Villandry, dopo aver visitato l’eccezionale pinacoteca del castello ricolma di tele d’arte sacra, si giunge in una sala incantata in cui il presepe è allestito sull’albero di Natale gigante centrale. A Langeais, con un gioco di luci fiabesco, è stato evocato l’arrivo di un corteo d’angeli al cospetto del Salvatore. Un modo per instaurare un dialogo suggestivo con la splendida Natività di Bernardino Luini, risalente al 1522, che è il vero tesoro della sala: san Francesco d’Assisi e sant’Elisabetta d’Ungheria circondano il Bambino. Da certe visite, si esce estasiati, anche quando si sono già visitati più volte gli stessi castelli in passato. In effetti, fra evocazioni simboliche e creazioni artigianali, la “metamorfosi” natalizia d’ogni sito permette di vivere i luoghi in modo nuovo. Una simbiosi virtuosa è stata trovata fra l’incanto del Natale, caro pure ai non credenti, e il contesto unico di ciascun castello.
Fra l’altro, ad Amboise, non lontano dalla fortezza reale magnificamente decorata per Natale, si può pure fare sosta al castello del Clos Lucé, che fu l’ultima residenza di Leonardo. Fra altre suggestioni intelligenti, è pure un luogo dove osservare come i francesi hanno valorizzato il genio universale del Rinascimento italiano. Il parco attorno si chiama «Leonardo da Vinci», senza fastidiosi francesismi. E la sapienza della valorizzazione del sito, non a caso, ha di recente pure contribuito a convincere i Musei Vaticani a prestare, in via del tutto eccezionale, dal 10 giugno al 20 settembre, il celebre San Girolamo leonardesco. Simili gesti, per fortuna, volano molto più in alto delle cicliche e tristi scaramucce politiche bilaterali viste anche negli ultimi mesi. Ricordando a loro volta, nell’antico solco fecondo della reciproca emulazione italo-francese in ogni campo, che ci si può attendere sempre il meglio quando a guardarsi di buon occhio sono due grandi nazioni al centro della civiltà europea.