Opinioni

Giornata contro la tratta. Troppi schiavi e di più le schiave

Giovanni Paolo Ramonda venerdì 8 febbraio 2019

Caro direttore, oggi ricorre la Giornata internazionale di preghiera contro la tratta di esseri umani istituita da papa Francesco in memoria di Bakhita, la schiava divenuta Santa. Originaria di un piccolo villaggio del Darfur, in Africa, fu rapita a sette anni per essere venduta al mercato. Sebbene la tratta degli schiavi fosse stata bandita nella prima metà dell’Ottocento dai Paesi europei e dagli Stati Uniti, tuttavia il commercio era ancora fiorente. Se la sua prima infanzia era stata felice, da allora iniziò un viaggio di stenti e minacce, passando di padrone in padrone. Fu anche marchiata: le furono disegnati oltre cento segni sul petto, sul ventre e sul braccio, incisi con un rasoio ed infine salati affinché le cicatrici fossero permanenti. Il trauma che subì questa bambina fu tale che subì un vuoto di memoria che la portò a dimenticare addirittura il suo nome. Bakhita fu il nome che le fu imposto in seguito. Significa 'fortunata'. Infine fu liberata da un diplomatico italiano, che la portò in Italia, dove conobbe la fede, l’amore di Gesù e divenne suora canossiana a Schio. Gli schiavi esistono ancora. Sono 40 milioni le persone al mondo intrappolate in moderne schiavitù, principalmente donne e ragazze. Una su quattro dieci milioni - sono minorenni. Nel nostro Paese sono diverse le forme che assume questa piaga. Certamente la più terribile è quella dello sfruttamento sessuale.

Decine di migliaia di giovani donne, molte minorenni, provenienti da nazioni povere sono costrette a soddisfare le turpi richieste sessuali di uomini italiani senza scrupoli. Uno scempio che continua e avanza indisturbato nonostante gli sforzi per contrastarlo. Pochi giorni fa sono stati pubblicati gli Orientamenti pastorali sulla Tratta di persone redatti dalla Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Si tratta di un documento in cui, per la prima volta, il Vaticano prende una posizione netta sui clienti delle prostitute. In esso si dichiara che «chi genera la domanda, il cliente, condivide personalmente la responsabilità dell’impatto distruttivo del suo comportamento su altri esseri umani».

Pertanto «gli Stati dovrebbero criminalizzare chi approfitta della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale». Una dichiarazione senza precedenti che segue quanto aveva già dichiarato un anno fa lo stesso Pontefice quando aveva definito i clienti come «criminali che torturano le donne». Lo sapeva bene don Oreste Benzi, il sacerdote che percorreva le buie strade delle notti italiane per strappare migliaia di donne dall’inferno della prostituzione: «Le donne che si prostituiscono sono schiave e i loro clienti sono complici degli schiavisti». Per debellare questa piaga non basta assistere le vittime, non basta perseguire gli sfruttatori. Occorre gridare ai clienti che sbagliano. E per questo occorre sanzionare il loro comportamento. Non per punirli. Ma per rendere efficace la liberazione di queste donne. I clienti sono complici, perché con il loro comportamento rendono schiave queste giovani donne vulnerabili. Nostro dovere non è solo liberare le schiave, ma liberare anche i clienti. Quando, nel corso del Giubileo che aprì il nuovo millennio, il 1° ottobre del 2000, san Giovanni Paolo II canonizzò santa Bakhita, disse: «Nel mondo di oggi, innumerevoli donne continuano a essere rese vittime, anche nelle società moderne più sviluppate. In santa Josephine Bakhita troviamo un’avvocata luminosa di emancipazione autentica. La storia della sua vita non ispira l’accettazione passiva, ma la ferma determinazione a operare efficacemente per liberare ragazze e donne dall’oppressione e dalla violenza e restituire loro dignità». Questo è il compito, questo l’obiettivo.


*Presidente Comunità Papa Giovanni XXIII