Lettere ad Avvenire. Troppa attenzione a cani e gatti? Ma l'emergenza è demografica
Caro Avvenire, il 12 aprile ho letto con gusto la lettera con risposta sulla scarsa attenzione per i bambini e lo svilupparsi dell’impegno a gestire i cani come elementi costituenti della famiglia, al punto che persino nel nome sembra siano sostituti dei figli: una signora che incontro quasi ogni giorno ha chiamato il suo cane Andrea e gli parla camminando come potrebbe fare con un nipotino. La mia città, che sembra avere un primato nel rapporto cani-abitanti, continua a creare aree di sgambamento, immagino a spese di tutta la comunità, ma non riesce a evitare che i proprietari portino gli animali a passeggio nelle strade centrali, quasi per una necessità di esibirli, ma non riuscendo a evitare che i resti degli escrementi sporchino lo spazio comune. Conosco anch’io, andando di frequente in Francia per ragioni di famiglia, l’amarezza che si prova a ogni ritorno a casa, vedendo le differenze di pulizia dei parchi, delle strade e delle spiagge: Oltralpe durante la stagione balneare, per quello che ho potuto vedere, è proibito l’accesso dei cani nei bagni attrezzati, mentre in Romagna esistono spiagge apposite. Persino in chiesa oramai i parroci sono obbligati a lasciar entrare i cani, per poi essere costretti a raccogliere gli escrementi che vengono lasciati: ho visto personalmente il prete della mia parrocchia intento a questa pulizia. Grazie quindi per aver trattato questo argomento che normalmente è “proibito” per non disturbare i tanti lettori proprietari affezionati dei loro cani: per parecchi anni ho regolarmente scritto su un quotidiano locale come pubblicista e mai un mio articolo è stato censurato, salvo la volta che ne ho proposto uno che trattava questi argomenti. E per strada guai permettersi un’osservazione per i casi più “vergognosi”, perché si rischia di venire offesi.
G. Bonali CremonaGentile signor Bonali, in quella mia risposta parlavo della drammaticità del problema demografico in Italia, e di come almeno a Milano sia facile osservare che nei parchi pubblici ci sono più cani che bambini, e addirittura cani chiamati con nomi da bambini. Questione, quella demografica, nodale, per la gravità delle scelte cui le giovani famiglie si trovano davanti e per le sue conseguenze sulla vita del Paese. Tuttavia, mi perdoni, noto nella sua lettera un accento antianimalista che io non condivido. Per dirla semplicemente: il problema è che nascono pochi bambini, non che tanta gente ama i cani. Non è la prima volta che mi trovo ad avvertire, tra cattolici, una sorta di fastidio verso gli animali domestici, rimproverando come si dedichino loro troppe attenzioni, che non meritano. Ora, vedo anche io le anziane signore che vezzeggiano un cagnolino come un nipote, e mi sembra triste. Tuttavia poi mi domando come mai non c’è, quel nipote, perché non è venuto al mondo. E se penso alla solitudine di certe vecchiaie mi dico che almeno quel cane non lascia del tutto sola una persona che, di fatto, lo è. Un amico sacerdote mi raccontò che un giorno era andato per la benedizione natalizia in casa di una vecchia vedova. Nelle stanze ordinatissime e silenziose la donna quasi si era messa a piangere: «Lei sa, reverendo, che quelli, per tutto il giorno, sono gli unici occhi che mi guardano?», e aveva indicato le pupille verdi di un gatto, su una poltrona. Certo, che nessuno dovrebbe essere tanto solo. Ma di fatto non va così. E quanti cani e gatti alleviano umilmente le nostre solitudini, non chiedendo in cambio che una carezza! Provi, signor Bonali, a guardarli con più benevolenza: si accorgerà di quale fedeltà e affetto è capace un cane, di che compagno di giochi sa essere per un bambino. E i gatti? Come sono enigmatici e belli, piccole tigri domestiche che si aggirano per le nostre case. Insomma, io non capisco perché se si amano gli uomini non si debbano amare gli animali. A me paiono un così grande dono di Dio (e se sporcano, i maleducati sono i padroni...) Mi dispiace se la ho delusa, signor Bonali, ma devo confessarle che noi, mio marito, io e i tre figli, conviviamo da anni con tre gatti e un cane, tutti trovati per strada. E quanta allegria e tenerezza ci hanno dato, queste creature che per qualcuno non valgono niente!