Opinioni

Tecnologia / sistemi di sicurezza. Transazioni sicure, la vera eredità dei Bitcoin

Claudia La Via martedì 20 dicembre 2016

Un disegno di Doriano Solinas

Nella confusione della crisi finanziaria del 2008, quando molti investitori in preda all’angoscia erano solo concentrati sulla paura di perdere tutto, qualcuno creò un documento che conteneva un’idea che avrebbe potuto rivoluzionare il sistema delle transazioni di pagamento. Un’idea che da allora è cresciuta fino a trasformarsi in un mercato da oltre 10 miliardi dollari: erano le fondamenta dei Bitcoin, una fra le prime valute digitali (è nata nel 2009) alla quale sono seguiti negli anni diversi esperimenti con l’intenzione di rivoluzionare non solo i pagamenti in sé, ma anche di stravolgere l’intero meccanismo che regola la base del possesso e della creazione del denaro stesso. Le monete virtuali non sono semplici sistemi di pagamento on line – come ad esempio PayPal, che permette, utilizzando monete ufficiali, di fare transazioni sicure su Internet – ma vere e proprie valute alternative che ambiscono a essere utilizzate al di fuori di un settore circoscritto. Solo negli ultimi tempi ne sono nate parecchie. A partire da ZCash, una moneta le cui transazioni – a differenza dei Bitcoin – sono completamente anonime, ed è impossibile risalire all’identità del mittente, del destinatario, e anche del valore della cifra scambiata. Poi c’è Ether, una moneta digitale emessa in quantità limitata e con un tasso di emissione legato a formule matematiche, ed il cui sistema può essere adattato anche alla stesura di contratti che possono essere firmati ed eseguiti in automatico e senza l’intervento di intermediari umani. Fra le novità più recenti c’è invece Monero. In realtà è in circolazione da circa due anni ma solo fra agosto e settembre scorsi, ha visto quadruplicare il suo valore dopo che alcuni siti che permettono lo spaccio di stupefacenti in forma anonima hanno iniziato ad accettarla come moneta virtuale. Così, in pochissimo tempo, il Monero circolante è passato da 25 a 100 milioni di dollari.

Tutte queste monete funzionano grazie a un’archiettura informatica di tipo 'peer to peer' (cioè un sistema da pari a pari) che oggi è alla base di importanti realtà del web come ad esempio Skype, che usa questa tecnologia per le videochiamate, o Spotify, che invece la applica all’ascolto di musica trasmessa in streaming. La peculiarità di queste valute è che non sono soggette al controllo delle banche né a quello di alcuna autorità centrale. È la rete che si autogestisce mediante l’utilizzo di alcuni algoritmi matematici e verifica l’affidabilità delle transazioni economiche realizzate dagli utenti. Un principio, in teoria, altamente democratico, ma con un altissimo rischio di tramutarsi in terreno fertile per azioni illecite. Il motivo è il fatto che le transazioni non sono direttamente attribuibili a persone fisiche, ma soltanto a degli pseudonimi (identità virtuali): per questo le monete virtuali sono diventate lo strumento per eccellenza per effettuare scambi illeciti e illegali, come il commercio di droga e armi. Lo scorso ottobre la Banca centrale europea ha pubblicamente sconsigliato l’uso delle valute virtuali sprovviste dello status giuridico di moneta chiedendo l’introduzione di regole più stringenti. Il timore di Francoforte è che un maggior utilizzo delle criptomonete possa tradursi in un minor utilizzo del denaro 'vero', con una conseguente riduzione dei bilanci delle banche centrali. Il risultato sarebbe una perdita di controllo sull’offerta di moneta e, in definitiva, l’incapacità di fare politica monetaria. La preoccupazione della Bce è legata a tutte le cripto-valute, ma con particolare enfasi sui Bitcoin, che sono la moneta virtuale a oggi più utilizzata e, soprattutto, 'chiacchierata' e valutata. Il Bitcoin ha visto negli ultimi anni una crescita esponenziale: oggi la sua quotazione ha superato i 700 dollari, avvicinandosi ai massimi segnati nel dopo Brexit e soprattutto attirando nuovamente le attenzioni del mercato.

Se questa valuta virtuale non ha mai del tutto convinto, ad avere invece affascinato molti è invece stato il meccanismo capace di regolamentarla. La tecnologia di crittografia che sta alla base dei Bitcoin e che è conosciuta con il nome di 'blockchain' ha infatti da subito fatto percepire tutto il suo potenziale. Potrebbe avere applicazioni che vanno ben al di là del denaro e delle sue valute e ha un innegabile vantaggio in termini di sicurezza. Il motivo? Offre un’opportunità alla gente che non conosce, e non si fida di altra gente, di creare una sorta di registro 'affidabile' delle operazioni e di poter collaborare le une con le altre senza dover necessariamente passare da un’autorità centralizzata neutrale. Questo perché registrando ogni passaggio permette una tracciabilità totale delle transazioni.

Per dirla più semplicemente: è una 'macchina' capace di generare fiducia. La blockchain è una tecnologia ancora più potente del peer-to-peer: si tratta di una sorta di 'libro mastro' condiviso, attendibile e pubblico che tutti possono ispezionare ma che nessun singolo utente può controllare. La blockchain è in realtà duplicata in migliaia di copie, sincronizzate attraverso le aggiunte successive di singoli 'blocchi' (porzioni di catena in cui sono scomposte le singole transazioni), ognuno logicamente legato al precedente da un numero di sequenza e da un meccanismo matematico che garantisce la congruità del blocco stesso e di tutti quelli precedenti a cui si lega. Così le transazioni possono avvenire senza garanti, perché la sicurezza degli scambi è nei fatti certificata dalla rete.

Tutti i nodi di questa catena (cioè coloro che la utilizzano) aggiornano in maniera corale questo registro secondo regole ferree e in accordo con tutti. Inoltre falsificarlo è praticamente impossibile. Il sistema impedisce, per esempio, che i Bitcoin vengano spesi due volte e tiene traccia di qualsiasi transazione. In pratica permette l’esistenza di una moneta senza che sia necessario il controllo di un’autorità centrale 'tradizionale'. Sono molte anche le banche che stanno sviluppando le prime soluzioni commerciali basate proprio sul meccanismo della blockchain.

Per esempio, come ha ricordato il Financial Times, a Hong Kong, Bank of China e Hsbc hanno annunciato i primi progetti operativi per utilizzare le blockchain per velocizzare le applicazioni di gestione dei mutui tramite un registro che consente di tenere memoria dei prestiti in maniera più conveniente. Secondo i dati diffusi da CoinDesk, realtà specializzata nella criptomoneta, a partire dal settembre 2016 più di 1,3 miliardi di dollari di capitale di rischio sono stati investiti in startup che operano nel campo della blockchain e delle valute virtuali. Allo stesso tempo, le grandi istituzioni del settore pubblico e privato, come le banche e i governi, continuano a mostrare notevole interesse per una più ampia applicazione di questa tecnologia. I vantaggi potrebbero essere diversi in molti settori. Fra questi, per esempio, il comparto assicurativo che, grazie a una piattaforma basata sulla 'fiducia', potrebbe quindi semplificare il processo di gestione delle richieste di risarcimento, alleviare l’entità dei premi, aiutare le compagnie a creare servizi di nicchia. Che il tema sia sempre più attuale lo dimostra anche il fatto che siano nati addirittura dei corsi universitari ad hoc sul tema. Quest’anno, per esempio, è partito al Politecnico di Milano il corso 'Bitcoin and Blockchain technology' destinato agli studenti di Ingegneria matematica.

Bitcoin, Monero, Zcash e le altre criptomonete, in realtà, non sono destinate a farsi solo un’agguerrita concorrenza le une con le altre. Tutte hanno diversi livelli di sicurezza, complessità, prestazioni e costi, e ciascuna potrebbe potenzialmente trovare la sua nicchia. Ma non solo: se viste nell’insieme le valute virtuali possono trasformarsi in un caso virtuoso di cooperazione, dal momento che i loro software sono open-source e gli sviluppatori possono facilmente imparare e copiare gli uni dagli altri. In futuro se diverse catene come la blockchain dovessero connettersi tra loro, potrebbe nascerne una nuova 'trans-moneta' capace di fluttuare fra diversi sistemi.