Il direttore risponde. Tra i banchi solo i "segni" che appartengono a tutti
Lorenzo Pozzati, Milano
Caro direttore,non è perché la scuola debba essere "neutrale" che i segni padani debbano essere tolti dall’istituto scolastico di Adro, ma perché tali segni non c’entrano con lo scopo che dovrebbe determinare le ore di lezione. Questo è il problema, non che i muri debbano essere lindi! Che siano anche imbrattati, rigati, disegnati dagli ideali per cui una scuola vive... I segni padani messi ad Adro sono i segni di un partito, rappresentano i punti di riferimento di una lotta di parte. È legittimo che vengano sventolati da chi crede in quella parte, non è invece legittimo che siano messi in una scuola, perché la scuola non è lo spazio di una lotta di parte, ma è il luogo dove si tenta l’educazione. E l’educazione ha un respiro totale, porta dentro la vita delle nuove generazione non una lotta di parte, bensì l’apertura a un orizzonte totale, quello che libera le energie di ogni essere umano. C’è bisogno di chiarezza in questa vicenda, perché non è in nome del nulla che si cancellano i segni padani, ma in nome dei segni ideali che rilanciano l’avventura educativa.Gianni Mereghetti, Abbiategrasso
Caro direttore,lasciando perdere tutto il già detto sul "sole delle Alpi", mi piacerebbe che qualche giornalista approfondisse come si è arrivati alla costruzione della scuola e al suo arredo. In tv e sui giornali il sindaco di Adro mi pare che abbia dichiarato che la scuola è stata costruita da un’azienda privata in cambio dell’edificazione di edilizia residenziale dove sorgeva la vecchia scuola. Immagino sulla base di un piano integrato di intervento o comunque uno strumento per il quale si realizzano opere pubbliche in cambio di un interesse privato. Allora perché sul sito del Comune di Adro è pubblicato l’esito di una gara d’appalto a procedura ristretta con un’offerta al ribasso del 0,316 %? Un ribasso curioso di questi tempi di difficoltà nel mondo dell’edilizia. E poi cosa vuol dire che gli abitanti si sono autotassati? Vuol dire, forse, che il Comune non aveva programmato nel proprio bilancio la spesa per gli arredi? Se fosse così non sarebbe un gran esempio di buona amministrazione. Al di là del pacchiano errore di tappezzare la scuola di un simbolo di partito, mi chiedo, insomma, se siamo davvero davanti a una iniziativa innovativa e di eccellenza amministrativa…Giovanni Barbesino, Vedano Olona
È del tutto evidente che ad Adro il sindaco leghista ha fatto (o lasciato fare) un grave errore. E le vostre lettere piene di sorpresa, di amarezza e di domande, cari amici lettori, contribuiscono a metterlo in luce e a indurre a riflessione. Servire una comunità significa prima di tutto non servirsi di essa. Mai, in nessun modo. Mai, nel nome di qualsivoglia appartenenza. In una scuola o in un ospedale o in un pubblico ufficio gli unici "segni" ammissibili e, infatti, ammessi (prima ancora che da norme e regolamenti, dal sentire profondo e diffuso della gente) sono quelli che richiamano la nostra storia comune, la nostra bella cultura civile e religiosa, il nostro essere partecipi di una realtà e di una vicenda collettiva che in ogni angolo della Penisola chiamiamo «Italia» (e, con incomprimibile originalità, stiamo imparando a pensare come «Europa»). Anche sulle nostre pagine abbiamo già cominciato a ragionare, guardando al sempre più prossimo 2011, sul 150° anniversario dell’unità statuale del nostro Paese. Ma l’Italia c’era già prima, con la ricchezza delle sue diversità, la complessità delle sue storie distinte eppure mai davvero distanti, la molteplicità delle sue risorse e dei suoi problemi. Lo sappiamo: abbiamo un po’ fatto crescere e un po’ dilapidato le une e non abbiamo risolto gli altri. Anzi, abbiamo aggiunto ulteriori problemi a quelli che già c’erano. E lo vediamo, purtroppo, anche dagli errori addirittura incisi sui banchi (e in ogni dove) della scuola di Adro. Compiuti non da bambini che stanno ancora imparando, ma da persone mature, tenute alla diligenza e alla misura dei buoni e giusti padri di famiglia nell’usare dei beni di tutti e nel "fare" il bene comune.