Il vandalismo a Venezia. Togliete la Facoltà agli imbrattatori di quel Leoncino
Il Leoncino di San Marco, quello che si vede sulla piazza a destra avendo in faccia la Basilica, è stato imbrattato con spruzzi di vernice rossa, sabato notte, alle 3 e mezza. Primo pensiero: da teppisti ubriachi. Beh sì, è un sospetto fondato. Ora che li han trovati, sappiamo che avevan fatto baldoria e sbevazzato parecchio.
Secondo pensiero: turisti stranieri. Sospetto spontaneo e immediato, specialmente tra i veneziani, che vedono i turisti come una massa d’invasori. Ma pensiero sbagliato: ora che li han trovati, sappiamo che sono italiani, vengono da nobili città vicine. Terzo pensiero: incolti e ignoranti, l’arte e la storia non le capiscono, gli danno fastidio e di fronte all’arte e alla storia s’infuriano e danno in escandescenze. Sì, questo può succedere, e il primo esempio che viene in mente è l’olandese pazzo che prese a martellate la Pietà di Michelangelo dentro San Pietro. Io penso che la stesse guardando da mezz’ora, come tutti facciamo quando andiamo a Roma: contemplarla mezz’oretta serve a rimetterci in equilibrio.
Il martellatore però il suo equilibrio lo ha perso del tutto, credo che si sentisse schiacciato e umiliato da quell’immenso capolavoro, e che in un certo senso la martellata sia stata la sua vendetta, la sua difesa. Ma il Leoncino non ha questo potere, d’infuriare i visitatori, e ora che sappiamo chi sono gl’imbrattatori sappiamo che non sono incolti né disinteressati all’arte. Al contrario, la studiano. Sullo studio (per ora) e sull’insegnamento (domani) dell’arte hanno impostato la loro vita. Sono studenti universitari, iscritti all’Accademia di Belle Arti. Venivano da una festa, c’era un’altra studentessa con loro, è lei che ha visto tutto, è stata zitta per 24 ore, soffrendo e vergognandosi, poi è andata dai carabinieri. Il tema dunque diventa questo: studenti dell’arte che danneggiano l’arte. Ma all’università un professore ci aveva detto che noi studenti universitari non eravamo più studenti: eravamo stati studenti fino al liceo, entrando all’università eravamo diventati studiosi. Correggiamo dunque la definizione del tema che stiamo trattando: studiosi dell’arte che danneggiano l’arte. L’imbruttiscono. L’insozzano. Per lasciarla, così insozzata, agli altri, e goderne lo smarrimento.
A fare così ci sono anche altri, in altri campi, letteratura, pittura, cinema... Ci sono critici di cinema che vedono un film interessante e importante, ma per ragioni di scuderia se hanno una rubrica lo recensiscono abbassandolo, per impedire che chi viene dopo di loro ne tragga quel che si trae dalla visione dell’arte: il godimento estetico. Ci sono critici letterari legati a un editore, che fanno lo stesso con i libri di altri editori. I visitatori di Piazza San Marco che s’imbattono nel Leoncino oggi (domani spero che sia già ripulito) che cosa possono trarre dalla visione delle macchie di vernice? Disgusto.
E quel che gli imbrattatori vogliono. Venezia si lamenta perché ha molto turismo del tipo mordi e fuggi, gente che sta mezz’ora in Piazza San Marco e poi se ne va e non torna più. Che ricordo avrà, per tutta la vita, questa gente, che ha visto la piazza imbrattata (non c’è solo il Leoncino, c’è anche un ponte: uno degli imbrattatori ci ha scritto «Mi state uccidendo», per lanciare un lamento goliardico), e non ci tornerà più? Ne avrà un ricordo sgradevole, sfigurato e deturpato. Purtroppo, indelebile. Questi ricordi si attaccano di sghembo al cervello e non si staccano più. Produrre questi risultati imbrattando l’arte vuol dire danneggiare l’arte. Può uno che danneggia l’arte laurearsi in Belle Arti? A mio modesto parere, no. Qualcuno chiede che gl’imbrattatori ripuliscano tutto. Va bene, ma troverei anche giusto che fossero mandati via dalla facoltà.